INTERVISTA AL VESCOVO

di Antonella Porzi

Monsignor Sorrentino, anche la Chiesa sarebbe poco accogliente, perché rifiuta di far celebrare ad Assisi matrimoni di fedeli extra-diocesani?

Non è così. Si celebrano in Assisi tanti matrimoni di fedeli che vengono da fuori diocesi e persino da fuori Italia. Ma c’è una regolamentazione, precisata nel Sinodo diocesano, e dettata da buone ragioni pastorali. Ci si richiama, sostanzialmente, a quanto è stabilito nel Codice di diritto canonico e nel Direttorio di pastorale familiaredella Conferenza Episcopale Italiana.

 

Può spiegarsi? Perché mettere il freno alla devozione di tanti fedeli, che vengono a giurarsi il loro amore nella Città di San Francesco? 

I casi sono tanti. Per molti c’è soltanto un motivo estetico. Piace una chiesa, un panorama, il contesto culturale e spirituale, e si decide di venire ad Assisi.   In alcuni casi è vera devozione. Ma i motivi per preferire le proprie parrocchie di origine sono importanti. Quando parlo personalmente ai futuri sposi, in genere non fanno fatica a comprendere le mie ragioni.

 

Quali?

Innanzitutto spiego che tutti i sacramenti – dunque anche il matrimonio – non sono mai un fatto puramente privato. Sono una espressione della vita ecclesiale. Nella nostra diocesi – come credo in tante altre – diamo molta importanza a questo aspetto.  Cerchiamo di fare in modo che le coppie si preparino bene al matrimonio, assumendone pienamente gli impegni più esigenti come la fedeltà, l’indissolubilità e l’apertura alla vita. A questo scopo suggeriamo non solo un “corso”, ma un “percorso”, all’interno della parrocchia. Non è facile, ma ci proviamo. Quando le coppie fanno questo percorso, si ritrovano in modo naturale nel contesto della comunità, e sentono il desiderio di sposarsi non lontano, ma nel vivo della loro realtà parrocchiale, scegliendo la parrocchia dello sposo o della sposa. Meglio ancora, quando arrivano al matrimonio facendo esperienza di quelle piccole comunità familiari – ad Assisi le chiamiamo “famiglie del vangelo” – che saranno un sostegno al loro cammino di coppia e di famiglia nei momenti difficili. Troppi matrimoni cominciano con confetti e marce nuziali, ed entrano in crisi in poco tempo!

 

È vero che molti dei matrimoni celebrati ad Assisi sono stati poi interessati da cause di nullità matrimoniali?

Ė vero, ma senza esagerare. Ho conosciuto anche delle coppie che mi hanno testimoniato la bellezza della loro unione, benedetta decenni prima nella nostra Città. Può tuttavia capitare che chi sceglie di venire ad Assisi, allontanandosi dalla propria comunità, spesso non ha fatto fino in fondo il cammino di preparazione. E i nodi, prima o poi, vengono al pettine.

 

In definitiva, da fuori diocesi si può venire ancora ad Assisi a sposarsi?

Certo. Lo permette il diritto canonico, come in tutte le altre diocesi. Cerchiamo però di illuminare i richiedenti sulla opportunità di celebrare il matrimonio nelle loro parrocchie di provenienza. Chiediamo inoltre, quando ci sono ragioni veramente speciali per venire da noi, il discernimento del loro vescovo o suo delegato. In questo caso possono celebrare il sacramento ad Assisi in una delle chiese parrocchiali o in alcuni santuari ben determinati.

 

Come dunque funziona la richiesta degli sposi e la risposta della curia?

In genere, con una conversazione o una breve lettera, spieghiamo il senso della normativa, invitando gli sposi a fare bene il loro discernimento e soprattutto il loro percorso di preparazione nelle loro Chiese di provenienza. È un lavoro affidato soprattutto ai parroci. Se il motivo della richiesta   è la devozione per san Francesco, si suggerisce che, celebrando il matrimonio nei loro ambienti di appartenenza, vengano ad Assisi per una messa di ringraziamento e una benedizione speciale. Può essere proprio durante il viaggio di nozze. Quando è un no, è detto con il più grande garbo. Ma ci sono anche tanti sì, ben motivati, da ragioni che il parroco e il vescovo degli sposi garantiscono. Il matrimonio è un sacramento tanto significativo, e vorremmo che la celebrazione avvenisse per tutti all’insegna della gioia.

 

RIFERIMENTI NORMATIVI

– Dal Codice di diritto canonico

I matrimoni siano celebrati nella parrocchia in cui l‘una o l’altra parte contraente ha il domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di girovaghi, nella parrocchia in cui dimorano attualmente; con il permesso del proprio Ordinario o del proprio parroco il matrimonio può essere celebrato altrove (can 1115).

 

Dal Direttorio di Pastorale familiare della C.E.I.

Proprio in forza della dimensione propriamente ecclesiale del sacramento, ribadiamo che il luogo normale delle nozze è la comunità della parrocchia nella quale i fidanzati sono inseriti e alla cui vita e missione prendono parte.

Di conseguenza, la celebrazione delle nozze avvenga normalmente nella chiesa parrocchiale di uno dei nubendi.

Solo per validi motivi di necessità o di convenienza pastorale il matrimonio può essere celebrato in altre parrocchie. Solo con il permesso dell’Ordinario del luogo o del parroco potrà essere celebrato in altra chiesa o oratorio. E solo in presenza di particolari ragioni pastorali l’Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in una cappella privata o in altro luogo conveniente. Si evitino quindi prassi contrarie a tali disposizioni: ci si guardi dal permettere con facilità la celebrazione del matrimonio in una parrocchia diversa da quella di uno dei nubendi; si affronti con coraggio, saggezza e determinazione il problema della proliferazione di matrimoni in chiese non parrocchiali, e santuari, in chiese con particolari richiami storici o artistici. I vescovi diocesani, in proposito, precisino ulteriormente i criteri a cui attenersi e, nel caso, determinino anche i luoghi diversi dalle chiese parrocchiali in cui i matrimoni possono essere celebrati e ne stabiliscano le condizioni (n.82).