La riflessione del vescovo di Assisi all'Assemblea ecclesiale regionale

SORRENTINO: “CRISTIANESIMO SEMPRE PIU’ MARGINALE NELLE NOSTRE TERRE”

FOLIGNO – “Tocca a noi il coraggio di rituffarci nell’originario, ritemprarci all’acqua viva delle sorgenti, riprendere per la nostra gente l’annuncio della bella notizia come annuncio di vera gioia”. Lo ha detto il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino, durante i vespri celebrati al termine della prima giornata dell’Assemblea ecclesiale regionale, che si è tenuta venerdì 18 e sabato 19 ottobre presso il complesso parrocchiale di San Paolo a Foligno. ”Perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,4). L’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra”, è il titolo dell’assise delle Chiese dell’Umbria, aperta dal saluto del presidente della Conferenza episcopale umbra, monsignor Renato Boccardo.

Monsignor Sorrentino dopo aver detto che i cristiani di Colossi hanno accolto il Vangelo come Parola di verità, prendendo spunto dalla lettera dell’apostolo Paolo ai Colossesi, ha sottolineato che a distanza di duemila anni guardando la situazione dell’Umbria, dentro il quadro generale dell’Italia e dell’Europa, “noi oggi siamo tentati di intonare il lamento. Dove è il cristianesimo che ha plasmato le nostre terre? Dove è Francesco? Dove è Benedetto? Dove è il cristianesimo che ancora tanti vengono ad onorare riversandosi da tutto il mondo nei paesi dei nostri eroi, che ancora parlano al mondo, e ci offrono lo scenario che ha suggerito a un Papa come Papa Francesco di invitare l’anno prossimo ad Assisi gli economisti di tutto il mondo?”. Il vescovo ha poi precisato che il cristianesimo, che ha fatto la storia delle nostre terre “diventa sempre più evanescente e marginale, sotto i colpi di processi culturali e sociali che svuotano le nostre case di famiglia, di vita e di fede, rendendo la nostra cultura, pur erede del messaggio evangelico, una cultura che di esso conserva certo alcuni valori fondamentali, quelli che hanno plasmato la nostra società diventando persino cultura politica, ma che sempre più stentatamente onora proprio il cuore pulsante dell’annuncio evangelico e cioè Gesù nella sua verità di pienezza divina, come la Lettera ai Colossesi lo presenta poco dopo in un potente inno, analogo a quello che la liturgia ci fatto appena ascoltare nella Lettera agli Efesini. È su questa verità, la verità di Cristo che il cristianesimo si distingue, sta in piedi o cade. Una verità che già nella prima evangelizzazione dovette essere accuratamente difesa”. Parlando ancora della fede germogliata a Colossi il vescovo ha aggiunto che “essa era già alle prese con la tentazione di annacquamenti dovuti a influenze culturali varie che l’intervento apostolico dovette arginare”.  “Sarebbe bello – ha precisato il vescovo – anche per noi poter dire, come dice l’apostolo Paolo, che il vangelo si moltiplica e porta frutti in tutto il mondo. Oggi siamo piuttosto tentati di dire che diminuisce e porta sempre meno frutti. Tuttavia la re-immersione negli accenti delle origini cristiane è sempre ispirante e motivo di speranza. Il miracolo delle origini può ridiventare il miracolo del terzo millennio cristiano. Il Risorto è lo stesso, ieri, oggi e sempre e la forza della Pentecoste continua ad abitare le profondità della Chiesa come sorgente sempre nuova di vita. Noi anche in queste brevi espressioni appena proclamate, attingiamo il motivo per ringraziare, anzi la logica del grazie, la logica eucaristica che anche nei frangenti meno facili ci impedisce di abbatterci e ci sprona all’entusiasmo della ripresa”.