Giornalismo del bene

Riflessione di monsignor Domenico Sorrentino per la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

Patrono celeste dei giornalisti è un santo vissuto quando ancora di giornali non si parlava. Quello che gli era consentito – a parte libri di grande sapienza spirituale – erano una sorta di “manifesti” con cui sminuzzava per la gente comune la cultura cristiana. Parliamo di San Francesco di Sales, vissuto tra il 1567 e il 1622.

A guardare la sua vita e il suo messaggio dall’altezza dell’era internet, sembrano passati non secoli, ma millenni. Eppure quel pastore conosciuto come il Santo della dolcezza, ha qualcosa di importante da insegnare alla nostra cultura mediatica.

Ha da insegnare soprattutto che essa, con la sua odierna velocità e con le sue infinite possibilità,  non deve dimenticare l’uomo concreto, e piegarsi al suo essere “carne e sangue”, fatto di una identità che mai potrà essere risolta in una pagina di giornale o in un video televisivo. La comunicazione dei media deve aggiungersi  e non sostituirsi alla comunicazione personale. Semmai ne deve favorire, con messaggi positivi e rispettosi, l’intreccio che mette le persone l’una di fronte all’altra, l’una accanto all’altra, e mai l’una contro l’altra. Comunicare, anche con i media del nostro tempo,  è fare opera di comunione.

Ma come si fa, se alla fine a decidere è l’audience, e sembra che il bene faccia così poca “cassetta”, mentre il male non solo fa rumore, ma fa anche soldi?

Occorre un’inversione di rotta. Alla quale sono chiamati quelli del “mestiere”, ma anche quanti si nutrono del loro prodotto. Comprare giornali che parlino più del bene che del male, vedere films e sostare su video che portino messaggi positivi, “chattare” con sobrietà e solo per inviarsi esperienze di bene che facciano sorridere l’anima e non ci rendano più banali e volgari, dipende solo da noi. E’ un fatto di etica e di cultura.

La Chiesa non ha paura dei media. Il secondo documento conciliare – venuto subito dopo il discorso sulla liturgia – riguarda appunto i mezzi di comunicazione sociale. Dopo cinquant’anni dal Vaticano II il tema è ancora più importante. I media sono ormai la nostra vita.  Spesso ce la assorbono. Non possiamo trascurarli, pena il perdere il treno del nostro tempo. Ma possiamo e dobbiamo pilotarli nella giusta direzione. Una sfida che non si vincerà facilmente, ma occorre provarci.

Anche nella pastorale. Per questo la visita pastorale ormai imminente vorrà fare anche un uso sapiente dei mass media, per mettere le parrocchie della diocesi “in rete”, e consentire che, in occasione delle mie visite, ci sia anche un incontro reciproco delle comunità. I media faranno da “ponti”. Incentiveranno  “gemellaggi” favoriti da servizi giornalistici e televisivi che consentano di vedersi e conoscersi da un capo all’altro della diocesi, sentendosi vicini, incontrandosi, facendo famiglia. Il nostro progetto di rinnovamento pastorale non parla della parrocchia come “famiglia dei famiglie”? Anche i media possono darci una mano.

Affido anche all’intercessione di san Francesco di Sales questo sogno.

 

Domenico, vescovo