LA DOMENICA E’ IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

Il vescovo Sorrentino rilancia il nuovo modello parrocchiale delle famiglie di famiglie. Domenica consegna del piano triennale e ordinazione di cinque diaconi

ASSISI – “La domenica è il primo non l’ultimo giorno della settimana”. É questo il richiamo fatto dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, nella sua relazione esposta durante l’assemblea diocesana che si è tenuta sabato 23 settembre alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli ed ha visto la partecipazione del vescovo di Tortona monsignor Vittorio Viola che ha fatto un’approfondita relazione sulla liturgia, tema del piano pastorale triennale che sarà consegnato domenica 24 settembre a San Rufino. Il vescovo ha spiegato le varie fasi che hanno preceduto e sono seguite al Concilio Vaticano II. “Si è passati – ha affermato – da una fase pre-conciliare che si può schematizzare in un prete e un popolo dove c’era il parroco unitamente ad una comunità parrocchiale formata da una rete di famiglie naturali e dove alla figura del parroco che corrispondeva la celebrazione dei sacramenti, il catechismo e si respirava una elevata religiosità popolare. La liturgia si esprimeva secondo un modello rituale antico dove il parroco insieme ai fedeli guardavano l’eucarestia. Dal concilio Vaticano II fino dagli anni ’90 la chiesa è il popolo di Dio. La parrocchia si è caratterizzata da una nuova soggettività laicale con ampia partecipazione e senso comunitario che hanno prevalso. Anche se c’erano i prodromi della crisi sociale c’era ancora una famiglia che reggeva. Questa fase è durata fino alla fase di internet quando invece è iniziata una disgregazione sociale”. Come far fronte a questa situazione? Secondo il vescovo attraverso un nuovo schema che rappresenta la fase B della fase post consiliare. Dai tre pilastri formati da catechesi, liturgia e carità bisogna passare allo schema pastorale a quattro pilastri costituiti da Parola, liturgia, Comunità famiglie e carità con missione testimonianza. La nuova fase si base quindi sul rinnovamento parrocchiale costituito dalle Comunità Maria Famiglie del Vangelo. “La nostra sfida – ha detto – ha trovato una formula come la parrocchia ‘famiglia di famiglie’. Sfruttiamo questo tempo di grazia che vede ancora la presenza dei parroci per presidiare le nostre comunità e organizzarci al meglio in vista del futuro quando non ci saranno più abbastanza sacerdoti”. L’intervento del vescovo si è basato sulla approfondita relazione che monsignor Viola ha fatto spiegando il valore, il senso di Gesù incarnato. Riscoprire la celebrazione, come momento di comunione con Dio, cercando di evitare abitudine, sentimentalismo e inadeguatezza sono i punti cardine toccati da monsignor Viola. “Il nostro peccato – ha detto – ha posto una distanza infinita tra noi e Dio. A quella distanza infinita è venuto quel suo venirci a cercare. Questa sua vicinanza ci ha sorpreso, ci ha sorpreso il suo corpo. Il suo desiderio di essere vicino a noi, solo nella purezza del suo amore. Lui ha scelto di ridurre quella distanza assumendo la nostra condizione, cercando la comunione con noi. La celebrazione – ha aggiunto – è il luogo della Pasqua di Gesù è viva. Dobbiamo crescere nella comprensione di parole e gesti dell’eucaristica. Ogni sacramento ha la potenza dell’incontro con lui”.

Il vescovo di Tortona, monsignor Vittorio Viola, parlando della liturgia, ha spiegato i tre pericoli a cui oggi si va incontro. “Romano Guardini – ha detto il vescovo – individua 3 impedimenti alla partecipazione: il primo è l’abitudine, il secondo è il sentimentalismo e il terzo è l’inadeguatezza. L’abitudine è questa monotonia del nostro celebrare che a volte si manifesta in maniera evidente in parole affrettate, in gesti che dichiarano che siamo altrove. A volte si avverte questa monotonia, a volte ci sono chiacchiere inutili anche tra noi concelebranti. Altro che Pasqua del Signore – ha aggiunto -, questa monotonia non appartiene alla celebrazione è roba tua e sai da cosa dipende? Dipende da una scissione tra la celebrazione e ciò che noi viviamo. Ciò che noi celebriamo ha a che fare con la nostra vita, con ogni istante della nostra vita. La sua Pasqua ci raggiunge in un istante puntuale della nostra vita. Ci siamo fatti portar via la domenica – ha poi aggiunto il vescovo -, non ce ne siamo accorti. Recuperiamo solo se rimettiamo al centro la famiglia, le relazioni umane. Il secondo impedimento è il sentimentalismo. Una comprensione superficiale, un modello egocentrico. Attenzione a favorire una partecipazione che punta solo su questo. Non c’è bisogno di nessuna fantasia, il rito è quello che ti consegna la chiesa. Per vincere il sentimentalismo – ha proseguito -, dobbiamo puntare sulla celebrazione, io che mi lascio portare. L’inadeguatezza: siamo fragili, siamo inadeguati. Attenti a non far diventare questa inadeguatezza un impedimento alla celebrazione, a farlo diventare il nostro peccato. Per sgomberare il campo da tutti questi impedimenti dobbiamo fare il lavoro di questi tre anni. Apriamo il cuore alla bellezza della celebrazione, ne facciamo esperienza, allora ci verrà dato di sentirne l’efficacia nella vita”.

L’assemblea diocesana di sabato ha preparato la comunità alla consegna del piano pastorale che ci sarà nella celebrazione di domenica quando verranno anche ordinati cinque diaconi (Simone Petrosino, Francesco Brenci, Fabrizio Cerasa, Dario Tofi e Velio Venturi).