MONSIGNOR SORRENTINO: “IN PORZIUNCOLA IL MISTERO DELL’INCARNAZIONE PUO’ ESSERE VISSUTO E CONTEMPLATO”

Lo ha detto il vescovo durante la solenne celebrazione in occasione del Perdono di Assisi

ASSISI - “L’indulgenza della Porziuncola non è uno sconto sul nostro impegno spirituale, al contrario lo esige rendendolo al tempo stesso possibile con una grazia sovrabbondante che è efficace nella misura in cui è da noi accolta”. Lo ha detto il vescovo monsignor Domenico Sorrentino, durante la solenne celebrazione eucaristica di venerdì 2 agosto nella Basilica papale di Santa Maria degli Angeli in occasione della solennità del Perdono di Assisi concelebrata con i          l ministro generale dell’Ordine dei frati minori, padre Michael Perry, con il vescovo di Foligno mons. Gualtiero Sigismondi in rappresentanza di tutti i vescovi dell’Umbria e con tanti religiosi.

“La minuscola chiesa della Porziuncola raccolta come uno scrigno in questa Basilica – ha sottolineato il vescovo - fu il luogo più caro a Francesco che rimane il cuore battente per tutti i suoi figli ed è diventata per tutta la Chiesa fontana di acqua viva che diffonde misericordia e perdono. Il nostro tempio non è più fatto di pietre, ma di carne. Gesù stesso è il nostro tempio. Egli è il mistero di Dio con noi, è lui la sorgente di acqua viva, la scaturigine della nostra salvezza, è lui che ci ha guadagnato il perdono di Dio e continuamente ce lo offre. Gesù ha scelto questa chiesetta per Francesco e per quanti si muovono nel solco della sua testimonianza come un luogo propizio dove Francesco ha fatto e anche noi possiamo fare con lui un’esperienza viva del mistero di Gesù sotto lo sguardo di Maria. Qui il mistero dell’incarnazione può essere contemplato e in qualche modo vissuto. Qui Francesco si raccoglieva e quasi si rannicchiava nel grembo della madre e la considerava come casa, tabernacolo, vestimento del Dio fatto uomo. Qui egli riceveva dalle mani di Maria il figlio di Dio come suo anelito, suo amore, suo tutto. Nell’umiltà e nelle povertà di questa chiesetta – ha aggiunto il vescovo - Francesco si immergeva nel cuore della nostra fede e vedeva, in qualche modo qui raccolta, la chiesa intera a partire dai suoi frati che qui adunava per plasmarli come comunità intrisa di Vangelo ed inviarli da qui nel mondo come semi di vangelo e di fraternità. In questa chiesetta Francesco sentì la bellezza del Paradiso, in tutto il suo frammento, la gioia della povertà, la comunione universale in un piccolo lembo di terra. Per questo nella contemplazione lo Spirito Santo gli suggerì di far partecipi gli altri, tutti gli altri, ma specialmente i più poveri del suo paradiso. Alla Porziuncola egli sperimentava che il paradiso è possibile anche sulla terra, ma a condizione che come Maria noi facciamo spazio a Gesù perché egli possa abitare tutte le fibre del nostro essere. A condizione che ci pentiamo del nostro peccato, che ci abbandoniamo all’abbraccio misericordioso del Padre a condizione che lo facciamo sentendoci davvero fratelli e dunque in comunione con tutta la Chiesa e in particolare con il Papa, vicario di Cristo, che non ci limitiamo a detestare il peccato, ma che maturiamo un vivo desiderio di santità. Tutti – ha concluso monsignor Sorrentino - sentiamo la forza del peccato; anche dopo che ce ne siamo liberati nel sacramento del perdono ne sperimentiamo ancora le conseguenze che nell’intimo dei nostri pensieri, dei nostri desideri, delle nostre inclinazioni ci rendono difficile vivere in piena sintonia con Gesù. Di qui l’esigenza di una purificazione piena alla quale siamo chiamati già in questa vita e che comunque andrà fatta dopo questa vita è il senso del purgatorio se vogliamo che i nostri occhi e il nostro cuore siano pronti all’incontro della luce di Dio. Come realizzare questa purificazione sulla terra? Non ce la faremo senza la grazia. È grazia il perdono dei peccati, è grazia sovrabbondante l’indulgenza che il Signore ci offre per la purificazione piena del nostro cuore nel desiderio sincero e operoso della santità. Grazia sempre a disposizione, ma Dio vuole che la chiediamo facendoci forti dell’unità ecclesiale, facendo leva sui meriti di Cristo e con lui e in lui dei meriti di Maria e di tutti i santi”.

 

Nel pomeriggio tantissimi sono stati i giovani della 39° marcia francescana provenienti da tutte le regioni d’Italia e da alcune nazioni estere, che hanno varcato la porta della Porziuncola dopo aver camminato, per oltre una settimana, guidati dal tema “Al posto tuo”.

 

Di seguito l'omelia del vescovo monsignor Domenico Sorrentino

 

OMELIA NELLA FESTA DEL PERDONO

2 agosto 2019

Carissimi fratelli e sorelle,

la minuscola chiesa della Porziuncola, raccolta come uno scrigno in questa grande Basilica, fu il luogo più caro a Francesco. Rimane cuore battente per tutti i suoi figli, ed è diventata per tutta la Chiesa una fontana d’acqua viva che diffonde misericordia e perdono.

Che cosa ne ha fatto un luogo così santo e pervaso di mistero?

Evidentemente non è la sua fisionomia materiale.

Alla donna samaritana che gli chiedeva se era nel tempio di Gerusalemme, o altrove, che Dio dev’essere adorato, Gesù rispose: si deve adorare Dio in spirito e verità.

E queste parole non erano un vago rinvio all’interiorità, ma un’indicazione del mistero della sua stessa persona.

Il nostro tempio non è più fatto di pietre, ma di carne. È Gesù stesso il nostro tempio. Egli è il mistero di Dio con noi.

È dunque lui la sorgente d’acqua viva, la scaturigine della nostra salvezza. È lui che ci ha guadagnato il perdono di Dio e continuamente ce lo offre.

Dove è dunque il valore di questa chiesetta?

È nel fatto che Dio l’ha scelta per Francesco, e per quanti si muovono nel solco della sua testimonianza, come un luogo propizio dove il Santo ha fatto, e noi possiamo fare con lui, un’esperienza viva del mistero di Gesù, sotto lo sguardo di Maria, la Regina degli Angeli.

Qui il mistero dell’incarnazione può essere contemplato e in qualche modo rivissuto.

Qui Francesco si raccoglieva e quasi si rannicchiava nel grembo della Madre. E la cantava come casa, tabernacolo, “vestimento” del Dio fatto uomo.

Qui egli si immergeva nel mistero che il vangelo dell’annunciazione ci ha poco fa riproposto: «Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo».

Qui egli riceveva dalle mani di Maria il Figlio di Dio come suo anelito, suo amore, suo Tutto.

Qui egli faceva esperienza di ciò che Paolo ci ha appena ricordato: lo Spirito di Gesù è effuso nel nostro cuore, perché anche sulle nostre labbra, come su quelle di Cristo, risuoni la parola affettuosa che ci rende Dio, l’Altissimo, così vicino e familiare: Abbà! Papà!

Sicché –conclude l’Apostolo – con un proclama che inaugura tutti i veri cammini di liberazione dell’umanità – non siamo più servi, ma figli.

Nell’umiltà e nella povertà di questa chiesetta Francesco si immergeva dunque nel cuore della nostra fede.

E vedeva qui raccolta, in qualche modo, la Chiesa intera, a partire dai suoi frati che qui adunava per plasmarli come fraternità intrise di vangelo, ed inviarli poi nel mondo come semi di vangelo e di fraternità.

Sentì, Francesco, in questa chiesetta, la bellezza del Paradiso. Il tutto in un frammento. La gioia nella povertà. La comunione universale in un piccolo lembo di terra.

Per questo, nella contemplazione, lo Spirito gli suggerì di far partecipi gli altri, tutti gli altri, ma specialmente i più poveri, del suo Paradiso. E annunciò l’indulgenza appunto in questi termini: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso”.

Egli sperimentava alla Porziuncola che il Paradiso è possibile anche sulla terra, ma a condizione che, come Maria, noi facciamo spazio a Gesù, perché egli possa abitare tutte le fibre del nostro essere.

A condizione dunque che ci pentiamo del nostro peccato e ci abbandoniamo all’abbraccio misericordioso del Padre.

A condizione che lo facciamo sentendoci davvero fratelli, e dunque in comunione con tutta la Chiesa e in particolare con il Papa, vicario di Cristo.

A condizione, infine, che non ci limitiamo a detestare il peccato, ma che maturiamo un vivo desiderio di santità. L’indulgenza non è uno sconto sul nostro impegno spirituale. Al contrario, lo esige, rendendolo al tempo stesso possibile con una grazia sovrabbondante, che è efficace nella misura in cui è da noi accolta.

Tutti sentiamo la forza del peccato.

Anche dopo che ce ne siamo liberati nel sacramento del perdono, ne sperimentiamo ancora le conseguenze, che nell’intimo dei nostri pensieri, dei nostri desideri, delle nostre inclinazioni, ci rendono difficile vivere in piena sintonia con Gesù.

Di qui l’esigenza di una purificazione piena, alla quale siamo chiamati già in questa vita, e che comunque andrà fatta almeno dopo questa vita – è il senso del purgatorio – se vogliamo che i nostri occhi e i nostri cuori siano pronti all’incontro con la luce di Dio.

Come realizzare questa purificazione sulla terra? Non ce la faremmo, senza la grazia.

È grande grazia il perdono dei peccati. È grazia sovrabbondante l’indulgenza che il Signore ci offre per la purificazione piena del nostro cuore.

Grazia sempre a disposizione. Ma Dio vuole che la chiediamo con la forza dell’intercessione ecclesiale, facendo leva sui meriti di Cristo, e, con lui e in lui, dei meriti di Maria e di tutti i santi.

Nel vangelo Gesù ci assicura che saremo esauditi, se preghiamo con fede, ma anche nell’amore fraterno. «Se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà» (Mt 18,19).

Dio vuole l’armonia dei suoi figli, e si lascia commuovere dalla nostra armonia.

Eleviamo l’inno di lode, cari fratelli e sorelle, per questa grazia.

Imploriamola con Francesco, contemplando con lui il mistero della misericordia che si annida nel grembo di Maria, al momento dell’incarnazione, ed ha poi il suo compimento nel mistero pasquale di morte e risurrezione.

Il Signore ci conceda, con questo perdono specialissimo, di sentirci figli che sanno già dire, come lo diremo per l’eternità, Abbà, Padre, e sanno farsi poi nella vita di ogni giorno testimoni di fraternità e costruttori di pace.