Relazione sui motivi per l’assegnazione del Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per un’economia della fraternità

Mons. Domenico Sorrentino 

RELAZIONE SUI MOTIVI PER L’ASSEGNAZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE FRANCESCO D’ASSISI E CARLO ACUTIS PER UNA ECONOMIA DELLA FRATERNITA’

All’ISTITUTO SERAFICO DI ASSISI

15 maggio 2021

Istituendo il Premio Internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per una economia della fraternità, non ho avuto dubbi sul fatto che il nostro Istituto Serafico, per quello che è stato per 150 anni, e per come si presenta oggi, sia un esempio eccellente di ciò che questo premio vuole esprimere e promuovere. La sua attribuzione è fuori concorso, perché gli abbiamo voluto dare un carattere insieme emblematico, inaugurale ed esplicativo. Speriamo di avere, per il futuro, ogni anno, delle candidature ugualmente significative. Ma oggi conferire questo premio al nostro Istituto è un gesto di gratitudine e insieme una presentazione concreta del messaggio di una vera economia della fraternità.

Mi limiterò qui a sintetizzare alcuni tratti di questa lunga storia e dell’attuale fisionomia dell’Istituto, sottolineando quegli aspetti che hanno maggiore attinenza  al nostro Premio. 

  1. ECONOMIA FRATERNA “DAL BASSO” ALIMENTATA DAL CARISMA 

Il premio si propone di dare un contributo al cambiamento del modello oggi dominante di economia, incoraggiando quelle iniziative che nascono dal basso, senza grandi mezzi, ma contando sull’impegno e la collaborazione fraterna.

Il Serafico nacque appunto così, nel lontano 1871, quando un figlio di Francesco, san Ludovico da Casoria,  sentì una chiamata interiore a occuparsi dell’educazione e dell’istruzione dei bambini ciechi e sordi, vedendo in loro non  delle esistenze  ferite da soccorrere, ma una grande risorsa per la società impegnandosi nella loro cura e nella loro educazione. Aspetti che oggi ci sembrano scontati, ma che all’epoca furono una vera rivoluzione perché i bambini ciechi e sordomuti non avevano neppure accesso all’istruzione.

Il Serafico nacque dunque da un carisma dato dall’alto, dalla voce di Dio,   incarnato dentro un movente ideale e una missione: difendere e custodire la vita più fragile e indifesa.

 Nacque contando solo sul capitale della fraternità. San Ludovico da Casoria cominciò senza l’ombra di un quattrino, ma fiducioso nella divina Provvidenza e nella bontà di tanti cuori. Al Prefetto di Perugia, che gli proponeva di mettere il Serafico alle dipendenze dello Stato erigendolo come opera morale, rispose in modo sorprendente: “Quando le opere si mettono nella moltitudine, nel popolo, e si affidano alla carità privata non muoiono più; quando si fanno governative isteriliscono”.

Le opere carismatiche sono nate nel tempo per rispondere a dei bisogni nuovi,   per soddisfare i quali i fondatori hanno dovuto ricorrere ad una vera fantasia della carità.

Oggi si lamenta la crisi delle strutture sanitarie e dell’intero servizio sanitario nazionale per “mancanza di risorse”. Ma se scarseggiano le risorse pubbliche, quelle private possono sopperire.

La concezione del “welfare state”, in cui lo Stato si fa carico dei bisogni e del benessere dei cittadini, è una prospettiva importante della democrazia, ma ha dei punti di fragilità che possono essere superati solo una democrazia compiuta, direi da una democrazia partecipante, che non si aspetta tutto dall’alto, ma sa esprimere la sua vitalità – come la dottrina sociale della Chiesa sottolinea – nei cosiddetti “corpi intermedi”, in cui tutta la società civile, nelle diverse coopera non meno dello Stato al bene comune.  Una prospettiva che veniva sviluppata al tempo di san Ludovico da Casoria da un grande economista cattolico, il beato  Giuseppe Toniolo, che proprio al Serafico viene ricordato con la nostra Scuola socio-politica a lui dedicata.

Oggi si riscopre questa prospettiva, e  non a caso si inizia a parlare non più solo di welfare state ma anche di welfare society. In questo sistema è l’intera società e non solo lo Stato a farsi carico dei bisogni. Se è l’intera società a doversi fare carico del benessere dei cittadini occorre mettere in interazione strategica le tre sfere in cui si compone l’intera società: l’ente pubblico (Stato, Regioni, enti parastatali ecc.) le imprese, ovvero la business community, e la sfera dei cittadini privati anche con le loro organizzazioni.

          Il Serafico, per finanziare la sua opera, ha attivato nel tempo tutta una rete di solidarietà comunitaria. Il il 30% del suo  bilancio si fonda su entrate private e questo è un risultato straordinario. Un risultato ottenuto anche attraverso uno stile di fraternità, e cioè la promozione della relazionalità tra tutti gli attori in gioco, facendo in modo che chi intende donare non lo faccia in modo anonimo, ma diventando in qualche modo protagonista della missione stessa dell’Istituto.

  1. ECONOMIA DELLA FRATERNITA’ E LOGICA DELLA CURA 

Quando si parla di economia il pensiero va subito ad alcuni concetti, che attengono alla struttura operativa dell’economia – la produzione, il consumo, il commercio, la finanza ecc. – e l’idea di fondo dell’economia si concentra tutta nella grande legge che presiede all’agire economico, quella del massimo risultato con il minimo sforzo. Si dimentica però che la parola economia ha una radice etimologica che apre un’altra prospettiva: “oikos”, la parola greca che significa casa, famiglia. “Oikoeconomia” è inanzitutto la cura e il governo della casa. Economia è qualcosa che ha a che fare con la famiglia, con le persone concrete che la compongono, con la loro casa. Un concetto che può espandersi all’umanità intera, intesa come grande fraternità, come ci ha ricordato il papa con la Fratelli tutti firmata qui ad Assisi  e come ci aveva ricordato ancor prima nella Laudato si’, dovem sulle orme del Cantico di Frate sole, papa Francesco ha applicato il concetto di casa comune a tutto il mondo che ci circonda,    presentandolo come casa comune, e definendo l’ecologia la “cura” della casa comune.

Il concetto di “cura”, quando si tratta di famiglia e di casa, è fondamentale. Se esso va bene anche rispetto alle cose materiali, a maggior ragione si applica al rapporto tra le persone, e si esprime in massimo grado verso le persone più fragili e bisognose.

Prendersi cura della persona disabile, come il Serafico fa per sua specifica “missione”, è innanzitutto una grande affermazione della dignità della persona umana, di ogni persona, indipendentemente dalle sue caratteristiche. È un dire – anzi un gridare – che la persona disabile, anche quando risulta ferita   o nelle sue capacità sensoriali e intellettive, è un soggetto pienamente umano, titolare dei diritti sacri e inalienabili propri di ogni creatura umana.  Si tratta di un’affermazione che appartiene alla coscienza universale prima ancora di ogni Per la nostra repubblica, anche la Costituzione lo afferma quando recita, all’art. 32:  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantisce cure gratuite agli indigenti. (…) . Un diritto che rinvia agli articoli  2 e 3   con i quali vengono riconosciti i diritti inviolabili dell’uomo alla luce del principio di uguaglianza.

Difendere, accogliere e assistere la vita dei più fragili, dunque, non è un’attività discrezionale, non è solo un servizio di carità: è una risposta di giustizia, è dare a ciascuno ciò di cui ha diritto e dentro un obbligo morale e giuridico di solidarietà. Come non vedere la sintonia di tutto ciò con quello che il nostro premio chiama  “economia della fraternità”?

L’Istituto Serafico vive la sua identità non solo come centro di riabilitazione in senso sanitario, ma anche come laboratorio di cittadinanza.  Tanti piccoli gesti di cura accompagnano persone disabili nella conquista di nuove autonomie e della bellezza della vita:  nella sua totalità: salute fisica, psicologica e spirituale. Sia quanti svolgono il lavoro di cura, sia coloro che ne sono i fruitori, sono insieme custodi della vita, costruttori di democrazia, portatori di speranza. Attraverso questa fraternità vissuta, il disabile stesso non è inteso solo come uno che riceve, ma anche come uno che dà, e sono testimoniati  i valori fondanti della nostra società.

Naturalmente, si fa presto a dire  cura. Anche il modo conta.   Il nostro modello di cura dell’Istituto Serafico   va ben oltre l’atto sanitario e assistenziale e si cala all’interno di una relazione. La prima formazione che l’operatore deve ricevere,  perché il suo lavoro possa essere ben fatto, è la scuola della relazione.

 Conta la professionalità, ma anche e, direi, soprattutto il cuore. Contano i gesti che esprimono in modo sentito l’amore per l’altro, diventando sguardo che riconoscere, mano  che sostiene, e stringe quella della persona fragile per essere “con” lei, per sostenerla nel cammino facendosi quasi  una sola cosa con lei.

Nella filosofia di cura del Serafico, un principio è molto chiaro:  inguaribile non significa incurabile. Anche la persona con i maggiori limiti e compromissioni può essere accompagnata a vivere una vita piena, secondo le sue possibilità. In questa logica la cultura dello scarto denunciata da papa Francesco è totalmente sconfitta. Qui la vita vale per quello che è, come qualcosa che non ha prezzo.  La si difende con i denti anche quando è vita disabile, o diversamente abile, la si difende a priori fin dal grembo materno. E’ già nel grembo in cui ogni vita sboccia che bisogna rifiutare di distinguere la vita abile e quella disabile, come se solo la prima fosse degna di essere accolta e vissuta. La  vita vale per se stessa. Una economia che distinguesse i “prezzi” della vita sarebbe una economia disumana, inaccettabile, fatta per creare un mondo che, anche quando appare efficiente e progredito, finisce per essere un inferno.

Di questo deve prendere coscienza la società civile, rimboccandosi le maniche per non lasciare tutta la difesa della vita solo allo Stato. Certo, uno Stato che voglia dirsi democratico fino in fondo non può non far suo questo principio. Purtroppo una certa cultura efficientista rema in altra direzione. Se la ristrettezza delle risorse si può comprendere, non si può tuttavia tollerare una cultura che non giustifichi, a favore dei più svantaggiati, investimenti solo perché non compensati da benefici come la guarigione. L’impegno della società per ogni vita, e specialmente per quella più fragile, si giustifica da sé, e non per i risultati produttivi che se ne ricavano. Su questo tema si gioca un’importante questione morale.  Dando il premio al nostro Istituto Serafico intendiamo affermare un principio rispetto al quale stanno o cadono insieme l’umano, la democrazia, la civiltà.

Al Serafico i ragazzi di cui ci si prende cura ogni giorno sono al centro di ogni premura, anche oltre le possibilità di spesa assicurate dal Servizio Sanitario Nazionale con cui l’Istituto è ovviamente convenzionato.  Per ognuno si traccia  un percorso individuale che non è incentrato solo sul “limite”, ma sulle risorse della persona. Per questo motivo in questi ultimi anni oltre ad introdurre l’innovazione tecnologica nei percorsi riabilitativi al Serafico sono stati attivati molti laboratori di tipo educativo per accompagnare i ragazzi ad esprimere i loro talenti, i loro interessi e a sviluppare le loro capacità. Così il   laboratorio grafico, artigianale, pittorico, musicale, teatrale e alla radio, o anche  l’orto-terapia,  l’attività fisica adattata dei ragazzi, alle loro gare nelle Special Olympcs e ai loro traguardi, le vacanze al mare.

Le tecnologie sono  certo importanti, e per questo l’Istituto ha  avviato il “Centro di Ricerca Invita”,  attraverso il quale ha già prodotto  ricerca di altissima qualità che ha avuto un effetto immediato sul benessere dei   ragazzi (così ad esempio la  ricerca   su musica ed epilessia) e ha avuto riconoscimenti a livello internazionale. Tecnologia sì, dunque, e al più alto livello, ma una tecnologia  profondamente intrecciata con  le risorse dell’umano e sostanziata di umanità.

  1. ECONOMIA DELLA FRATERNITA’ E CULTURA DEL LAVORO 

Un terzo motivo per cui abbiamo scelto di dare il primo premio, a titolo emblematico, al nostro Istituto, è anche il fatto che la modalità del lavoro è in esso concepita   corrisponde   pienamente ai criteri di una economia della fraternità.

Rispetto a come nacque nel 1871, il Serafico oggi si presenta anche con il profilo di una azienda di non piccolissime dimensioni. Basti pensare che ha 185 dipendenti, e si prende cura di quasi 164 ragazzi al giorno, di cui 84 residenti.

        L’attribuzione del nostro Premio guarda anche al modello lavorativo che esso incarna.

          C’è innanzitutto uno screening delle candidature, che sottolinea alcune doti fondamentali in rapporto alle finalità dell’istituto, ossia il coinvolgimento nella sua missione e l’adesione alle motivazioni ideali. Sul piano lavorativo strettamente detto,  le scelte aziendali mirano a incrementare il senso di appartenenza e di partecipazione. Di qui il confronto ad ogni livello, il coinvolgimento  dei collaboratori negli obiettivi aziendali, il lavoro di gruppo, la comunicazione interna.

Lo stile di “cura” che il Serafico applica ai destinatari del suo servizio, si estende anche alla premura per chi lavora, identificando le loro esigenze, in modo che il lavoratore e la sua famiglia si sentano i primi stakeholders dell’intera organizzazione.

 Di qui, ad esempio, la creazione di un Fondo di solidarietà interno che interviene in caso di bisogni straordinari dei dipendenti, l’offerta di un servizio di sostegno psicologico con uno psichiatra esterno; la promozione di   attività extralavorative con il fine di promuovere le relazioni tra i dipendenti: corso di ginnastica posturale, uscite organizzate con le famiglie; contrattazione di sconti presso i fornitori del Serafico a vantaggio dei dipendenti; organizzazione di un campus per i figli dei dipendenti, ridefinizione degli assetti organizzativi per la migliore valorizzazione e integrazione degli specifici ruoli; promozione  del lavoro integrato con ore di riunioni settimanali per le équipe allargate; realizzazione di una banca ore per le ore extra  che il dipendente sceglie di usare in diversi modi a seconda delle sue esigenze, e last but not least l’offerta di un servizio spirituale, con la presenza di un assistente spirituale e   un gruppo di pastorale della salute animato da dipendenti stessi.

  1. ECONOMIA DELLA FRATERNITA’ E CRITERI DI TRASPARENZA, EFFICACIA, EFFICIENZA AZIENDALE 

Il Serafico è ben consapevole che un’economia  della fraternità non si oppone a un’economia trasparente ed efficiente. Occorre fare le cose bene, e dunque le risorse devono essere gestite in modo da rendere massimi i risultati ottenibili con il minimo costo. Occorre fare le cose giuste, e allora, se si fissa un obiettivo, le risorse dovranno essere assegnate  in modo coerente. E tutto ciò all’insegna della più ampia trasparenza non solo nei rapporti interni, ma anche nei rapporti con l’esterno.  Di qui  l lavoro attento sul budget e la formazione di tutti i dipendenti; la messa appunto del controllo di gestione, il  ricorso a certificazioni riconosciute alla luce degli standard di riferimento internazionali.

CONCLUSIONE

          Sono alcuni tratti del nostro Istituto Serafico. Ovviamente, se interrogassimo la Presidente e gli operatori, come in tutte le cose umane, ci direbbero che occorre fare sempre meglio, e che ci sono cose in cui bisogna fare degli sforzi ulteriori per perseguire fino in fondo questa visione ideale.

          Ma il  Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per un’economia della Fraternità”    non premia la “perfezione”, che sulla terra non esiste, bensì l’impegno convinto, perseverante e produttivo che fa perseguire gli obiettivi ideali con tutta la forza di cui si dispone.

          Il compito del Premio è proprio mettere in luce questo ed esprimere un grato riconoscimento e insieme un caldo incoraggiamento a proseguire nella direzione scelta.

          Con grande gioia, dunque, facendomi espressione di tutta la Fondazione che ha deliberato  questo premio e lo promuove, insieme col Presidente, don Cesare Provenzi, assegno per questo 2021, il primo premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis all’Istituto Serafico di Assisi.

          I due patroni celesti della nostra iniziativa, entrambi venerati in questo Santuario, daranno dal cielo il loro contributo più significativo, quello dell’intercessione, che ottenga abbondanti grazie del Signore su questa benemerita Istituzione.

          Da parte nostra i più vivi complimenti a tutto l’Istituto, in tutte le sue componenti, da quelli che lo presiedono e dirigono, a quanti lo animano, a quanti prestano il loro servizio ai più diversi livelli, agli ospiti che ne costituiscono il cuore, alle famiglie che li seguono in sinergia con il lavoro degli operatori dell’Istituto, ai benefattori che se ne fanno carico, sperando che le pubbliche Istituzioni facciano sempre più e meglio anche per assicurare quel sostegno di cui opere tanto esigenti hanno bisogno.

15-05-2021