Omelia del Vescovo monsignor Domenico Sorrentino per i funerali di Monsignor Vittorio Peri

26-08-2021

OMELIA IN MORTE DI MONS. VITTORIO PERI 26.8.21

Con la sensibilità omiletica che lo distingueva, don Vittorio avrebbe storto il naso se mi avesse sentito cominciare l’omelia pronunciando il suo nome. Voleva, e giustamente, che anche in momenti come questo, la scena fosse non del defunto, ma di Cristo, della sua parola, del suo mistero.

Asseconderò questo suo desiderio, non dimenticando tuttavia che proprio il mistero del Cristo implica il nostro vissuto. È il mistero di un corpo. Gesù e noi: capo e membra. Unica famiglia.  Inscindibili.  La   Parola   illumina la nostra vita, ma in qualche modo, anche la nostra vita, segnata dal sigillo dello Spirito, ci aiuta a comprenderla.

Quanto abbiamo ascoltato dalla seconda lettera di Paolo ai Corinzi raffigura la nostra condizione umana come una dimora provvisoria, una tenda che prima o poi dev’essere tolta.  Non è qui la nostra patria. Ci attende una dimora eterna non costruita da mani d’uomo.  Se questa è vero, l’apostolo ne trae una conseguenza: “preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore”.

Conseguenza, in verità, che solo la finezza dei santi riesce a vivere fino in fondo. Il nostro attaccamento a questa “tenda” è inevitabilmente forte.  Del resto, anche questa tenda è bella, è gran dono di Dio, e alla vita nella carne dobbiamo dare ogni stima e cura, pur sapendo che è solo provvisoria.

Don Vittorio, come persona, persino nel suo fisico, era uno che gustava la bellezza della vita. In qualche modo, la celebrava. Sul letto del dolore, mi ha rievocato la sua esperienza di estimatore    dello sport, che aveva conosciuto da vicino nel suo servizio al Centro Sportivo Italiano. Ne aveva decantato i valori anche spirituali. Quando le sue gambe hanno cominciato a cedere, ha dovuto con fatica rassegnarsi. Fino a che ha potuto, ha camminato. È stato anche in questo un testimone di una vita positiva e bella, di un cristianesimo che recalcitra ai colori lugubri, perché tutto illuminato dalla luce della Pasqua.

Ma era uno che camminava soprattutto col suo spirito, con la sua mente aperta e rigorosa, con il suo animo attento ai segni dei tempi, con il suo cristianesimo “conciliare”, che gli faceva sentire la gioia del Vangelo e l’amore per la Chiesa. Di questa voleva ardentemente il rinnovamento pastorale, disegnandolo da canonista che aveva una concezione vitale del diritto, promuovendolo concretamente nelle responsabilità da lui espletate accanto al mio predecessore, come vicario generale, e a me, come vicario giudiziale e vicario episcopale per la cultura.

Alcune cose erano sua preoccupazione costante. In modo particolare gli premeva una visione di Chiesa che, come il Concilio insegna, è l’universale che si invera nel particolare, la “catholica” che si fa presente qui ed ora nella Chiesa locale, e soprattutto nel mistero eucaristico.

Qui, nell’Eucaristia, la Chiesa concretamente si realizza, anzi “accade”, è un evento. Gesù nel Vangelo or ora ascoltato ci ha riconsegnato questa esperienza viva che dà senso al nostro vivere e al nostro morire. «Io sono il pane vivo disceso dal cielo».

È bello incrociare quanto Paolo ci ha detto sull’esilio che punta al Cielo, e quanto Cristo ci dice sul Cielo che scende sulla terra. Una linea ascendente e una linea discendente. Il loro punto di incontro è il Paradiso.

Lo abbiamo ascoltato: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

L’Eucaristia è davvero il ponte gettato tra cielo e terra.  Fare della nostra vita un’esistenza eucaristica, è il programma della Chiesa. Don Vittorio lo sapeva e lo insegnava. Soprattutto lo testimoniava. Non nascondeva la sua tristezza quando, persino con degli alunni che aveva formato all’Istituto Teologico, ma che avevano presto dimenticato la sua lezione, si trovava a dover lamentare atteggiamenti contrari a questa consapevolezza di Chiesa concretamente radunata intorno alla Parola,  all’Eucaristia, al Vescovo, per essere una Chiesa particolare aperta all’universale e alla missione. Una visione di Chiesa che veicolava anche nell’Unione Apostolica del clero. L’affetto che, in questa prospettiva, dimostrava al Vescovo era davvero esemplare.  Me ne ha voluto dare qualche giorno fa un’ultima testimonianza con dei gesti e delle espressioni del volto, che mi rimarranno nel cuore. Erano le uniche cose che poteva fare, quando ormai anche la parola si spegneva sulle sue labbra. Chi gli stava intorno, e da giorni non ne udiva più la voce, quasi in totale assenza, si è meravigliato quando, al mio pronunciare il suo nome, si è come risvegliato, ha tentato invano di parlare, ma gli occhi sono diventati luminosi, ha voluto prendermi la mano e baciarmela. Ha fatto poi un’espressione di grande tenerezza, quando gli ho mostrato dei disegni dei ragazzi del Serafico, un Istituto che gli stava nel cuore, come gli stavano a cuore i poveri, ai quali ha pensato, attraverso la Caritas, nel suo Testamento.

«Colui che mangia di me vivrà di me»

La vita cristiana si sostanzia di Gesù. Naturalmente nella misura in cui gli facciamo spazio. Solo in Paradiso questo spazio sarà finalmente pieno. Don Vittorio era particolarmente sensibile alla prospettiva della fine che diventa inizio. Ci ha lasciato anche, tra i tanti suoi scritti, un piccolo saggio sulle “ultime realtà”.

Una domanda che immagino si sarà fatta: che cosa rimarrà delle nostre parole su Dio, quando lo vedremo faccia a faccia? Se san Tommaso, alla fine della sua vita, dopo essere stato visitato dallo Spirito, ritenne paglia la sua Summa Theologica, dobbiamo pensare che la teologia e il diritto canonico in Paradiso ci sembreranno ben piccola cosa. Ma non per questo sono poco importanti nel nostro cammino terreno, per aprirci sempre di più, con spirito libero, alla luce che illumina la mente e il cuore.

Molta parte del servizio ecclesiale di don Vittorio si è sviluppata nello studio e nell’insegnamento. L’Istituto Teologico di Assisi deve molto a lui, ed egli non lo ha dimenticato fin sul letto di morte. La sua cultura e la sua acribia erano note. Hanno formato tanti presbiteri, diaconi, laici, persone di vita consacrata della nostra regione, e, attraverso le sue conferenze, in tutta Italia.  Ho sentito in questi giorni testimonianze commosse di suoi ex alunni. Ci mancherà. A me in particolare mancheranno le sue revisioni ai miei testi. Tra quanti ne ho elaborati nel mio ministero assisano da quindici anni a questa parte, non ve n’è uno solo che non sia passato previamente sotto i suoi occhi, e quando mi arrivavano le sue osservazioni e i suoi suggerimenti, pignoli fino alle virgole, per me era un sospiro di sollievo. Mi sentivo davvero sicuro.  Gli ho mandato anche la mia ultima lettera pastorale, centrata sul programma “ripartire dal Vangelo”.   Questa volta la risposta non mi è arrivata. Le sue forze erano ormai esaurite. Ma sapevo che questo programma più che mai avrebbe trovato il suo consenso. Tempra di evangelizzatore qual era, fino alle ultime battute della sua vita si è speso a sminuzzare, con la sua limpida prosa, i temi della fede, convinto che è ora più che mai di far sul serio con l’annuncio del Vangelo.

    Caro don Vittorio, ti chiedo di continuare dall’alto a correggermi le virgole e a guardare ancora con amore questa Chiesa in cui ti sei speso, questa cattedrale a cui ti sei dedicato con zelo da canonico e priore del Capitolo. Intercedi con tutta la forza del Paradiso perché questo popolo che, tra le tue origini purellane e il tuo approdo assisano, hai servito con amore e che ora ti accompagna all’abbraccio della misericordia, sia all’altezza dei tuoi sogni. Nel Paradiso di Dio dove tutto è ridotto all’essenziale, non ci sarà bisogno del codice di diritto canonico, ma non ti sentirai per questo disoccupato. La tua occupazione sarà ancora cantare la bellezza di Dio, della Chiesa e della vita, e noi ci accontenteremo di rivederti in qualche foto, in qualche ricordo, nella tua eredità ideale, ma soprattutto nella comunione dei santi, certi che continui a camminare, con il tuo volto ilare e il tuo passo spedito, insieme con noi.  Hai avuto il tuo Golgota, entra nella gioia del tuo Signore.