Omelia del Vescovo monsignor Domenico Sorrentino per la Solennità di San Rufino – 2021

12-08-2021

 

OMELIA SAN RUFINO 2021

            Fratelli e sorelle,

com’è bello ritrovarci per la festa del patrono, che infonde luce e speranza a questo   momento storico e sociale così complesso, tutto in chiaroscuro. Da un lato stiamo gustando le prime espressioni di un ritorno alla normalità dopo due anni di prova, dall’altro non ci nascondiamo che il percorso non è senza ostacoli. Lo sguardo di san Rufino ci protegga e la sua intercessione ci ottenga il coraggio e la forza per andare avanti.

Il ricordo di quanto egli ha fatto per questa Città, aprendola alla luce della fede, ci porta ad allargare lo sguardo ben oltre il quadro delle difficoltà sanitarie ed economiche. San Rufino ci addita alcuni aspetti della crisi sui quali forse non riflettiamo abbastanza. Dire crisi, intendiamoci, non è dire una parola brutta: ogni crisi è insieme problema e opportunità. Ma occorre prenderla sul serio.  E allora una crisi può diventare una grazia. Come Chiesa, ci dobbiamo   interrogare sulla tenuta cristiana del nostro popolo e in particolare di questa nostra Città così cara al mondo per il suo messaggio francescano.

Proprio a questo tema stiamo da tempo portando attenzione. La pandemia, in alcuni momenti più duri, ha letteralmente svuotato le nostre chiese. Alla ripartenza economica e civile si accompagnerà anche una ripartenza ecclesiale? Lo speriamo. Qualche segnale positivo non manca. La stessa odierna celebrazione ci incoraggia. Ma non ci nascondiamo che la crisi della fede sta dentro coordinate che poco hanno a che fare con l’attuale contesto pandemico. Si tratta di processi culturali e sociali che vengono da lontano e influenzano negativamente la vita cristiana.

Su questo può aiutarci a far luce un’affermazione di Gesù appena ascoltata: «Io sono il buon pastore, Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me».

Parole che Gesù diceva per marcare la differenza rispetto a coloro che tenevano al suo tempo la scena, pretendendo di essere conosciuti e seguiti, mentre in realtà erano solo falsi pastori, mercenari per nulla interessati al bene delle pecore.

Quanti mercenari anche nel nostro mondo, alla ricerca di plauso o di “followers”, come si dice, attraverso tutti i possibili mezzi di comunicazione! È vero che, nel grande paesaggio di internet, non mancano i filoni del bene. Dobbiamo incrementarli e moltiplicarli. Ma non possiamo minimizzare i rischi. Il mondo dei “social”, che ormai tutti abitiamo, è pieno “signori del consenso”, di “influencer”, che su ogni problema ci danno soluzioni spesso discutibili e rovinose. Anche il gregge di Cristo rimane spesso confuso.

Gesù è il pastore che conosce le sue pecore. Anzi, il pastore che dà la vita per le sue pecore. Di lui, e solo di lui, ci possiamo veramente fidare.

Ma il rapporto che egli vuole stabilire con noi ha bisogno del nostro consenso. Il gioco dell’amore si fa a due. Dio non cessa di donarsi a noi. Ma non si impone, si propone. Per essere salvati c’è bisogno di lasciarsi salvare. Occorre che noi impariamo a riconoscere il suo amore.  «Le mie pecore – ci ha appena detto – conoscono me».

Ed è qui il grande punto di crisi della nostra società. Abbiamo fatto enormi progressi nella conoscenza scientifica e tecnica. L’informazione è diventata capillare. Conosciamo con l’attimo di un clic quello che una volta si apprendeva con laboriose esplorazioni di biblioteche ed archivi. La scienza è cresciuta a dismisura, ma non altrettanto la conoscenza di Dio, che si traduce nell’amore di Dio e del prossimo. Un mondo ricco di conoscenza e povero di amore è un mondo sbilanciato, a rischio frana, sempre in procinto di rovinare.

La Chiesa è chiamata oggi a “ripartire” non aspettandosi che si riempiano d’ incanto i nostri banchi, ma tornando in strada, rimettendo mano all’evangelizzazione, come nei primi tempi della sua storia. La vicenda di san Rufino, evangelizzatore e martire, torna di piena attualità. Non lo dobbiamo guardare solo come un patrono, ma come un programma. Oggi, nel mondo dei media, si usa parlare di “programmi” e di “app”. La nostra Chiesa di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, è oggi chiamata a far sua la “app” san Rufino, ossia il programma della nuova evangelizzazione.

È il programma che risponde alle parole di Gesù da poco proclamate: «Ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore..»

Questo programma di Gesù è il programma della Chiesa. Il programma che spinse san Rufino a venire tra noi a portarci la fede. Il programma che oggi spinge la Chiesa ­­­– e non soltanto, si badi bene, i pastori, ma ciascun battezzato ­– a farsi testimone del Vangelo.

Tra un mese esatto, con la nostra assemblea inaugurale e la riconsegna del piano pastorale alla Porziuncola, ci rimetteremo in moto per una missione strada – casa, per ridire forte il santo nome di Gesù, perché la fede bussi di nuovo alle nostre case, e la bella notizia del Vangelo torni a intercettare i sogni dei nostri giovani perché siamo sogni positivi e generativi e non desideri fatui di un futuro privo di senso.

O siamo Chiesa missionaria, o non siamo nemmeno Chiesa. Da un pezzo papa Francesco ci invita ad essere “Chiesa in uscita”. Andando incontro con fiducia agli uomini e alle donne del nostro tempo, non troveremo solo indifferenza e resistenza. Queste le mettiamo già in conto, fino al martirio. Ma troveremo in tanti un desiderio di bene che aspetta solo di essere illuminato da Gesù. Forse la società cristiana dei nostri padri è alle nostre spalle, ma Gesù prepara una nuova primavera. Quando, alcuni giorni fa, ho visto gli assisani riprendere di buon’ora la via della Porziuncola per la festa del perdono, il cuore mi si è riempito di gioia. Occorre ripescare il meglio della nostra storia e ricominciare a seminare il Vangelo a piene mani.

L’ardore e il martirio di San Rufino tornino a scuoterci. Ci spingano a rimetterci in cammino con speranza. Questa ripartenza ecclesiale all’insegna della missione, ripartenza fervida e  generosa, sarà il nostro vero contributo anche alla ripartenza economica e sociale che tutti ci auguriamo e sulla quale invochiamo la benedizione del Signore.