Omelia di mons. Sorrentino consegna della Lettera Pastorale 16 settembre 2018

16-04-2018

OMELIA PER LA CONSEGNA DELLA LETTERA PASTORALE

Santa Maria degli Angeli – 16 settembre 2018

È un momento bello, solenne, ricco di speranza, quello che stiamo vivendo sotto lo sguardo della nostra Mamma celeste, qui alla Porziuncola, dove ancora sentiamo la presenza di Francesco nella sua vita e nella sua morte sulla nuda terra, da dove partì la grande avventura missionaria che da Assisi avrebbe portato alla Chiesa e al mondo un respiro di rinnovamento tutto all’insegna del Vangelo e della fraternità.

“Va’, Francesco, ripara la mia casa!”

Le parole dette al nostro Santo dal Crocifisso di San Damiano furono il vademecum della sua vita.  Sono state in questi anni un’ispirazione per noi nel nostro percorso pastorale che ci ha portati a sperimentare la gioia della prima Visita pastorale e poi del sinodo.

Quelle parole incalzano ancora Francesco. E con lui i suoi figli, tutti quanti noi figli di questa Chiesa davvero benedetta alla quale guarda il mondo.

“Riparti Francesco, ripara la mia casa!”

Quello che c’è in questa parola programmatica lo troverete nel documento pastorale che tra poco vi verrà consegnato. Esso dovrà costituire una sorta di “instrumentum laboris”. Dipinge scenari che si concludono tutti con grandi interrogativi ai quali dobbiamo dare una risposta. Fin dai prossimi mesi, i consigli pastorali di tutte le comunità parrocchiali, ma anche le comunità santuariali, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti, sono invitati interrogarsi.

Visita pastorale è innanzitutto un evento di grazia: il Signore ci visita con la sua consolazione e viene insieme a spronarci ad un rinnovato impegno. Non sono soltanto io come pastore ad essere implicato. Ciascuno di voi è chiamato ad una risposta. Anzi mi sembra bello che questa visita abbia un movimento orizzontale di reciproca attenzione tra le persone e le comunità, una sorta di grande visita fraterna reciproca, nella quale emerga fortemente l’amore che deve contraddistinguere la chiesa. “Da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni per gli altri”.

Il Vangelo di oggi ci offre per questo degli stimoli potenti.

Si pone all’interno del percorso di Gesù come un momento chiave, che già prelude all’esito finale, la sua passione.

Gesù comincia a parlarne, sapendo che su questo tema si gioca la verità della sua missione ma anche la verità della fede della Chiesa.

Il racconto si muove tra due scenari di folla. All’inizio infatti Gesù si preoccupa di sapere dell’opinione della gente. Alla fine, insieme con i suoi discepoli, convoca anche la folla.

La gente, la folla: sono il grande orizzonte della missione. Non c’è nessuno di cui Gesù non si preoccupi.  Nessuno che non gli stia a cuore.  Anche quelli che sembrano più lontani, più resistenti, quelli che lo fraintendono, sono per lui importanti. Tutti deve raggiungere la sua parola. Tutti egli vuole salvare.

È per questo che, nella lettera pastorale, passeranno davanti il vostro sguardo i grandi scenari del mondo e della vita. Gesù il salvatore universale. Il Vangelo è luce per tutto e per tutti.

Come Chiesa non possiamo tenerci questa luce per noi. Dobbiamo essere missionari. Il Papa ci ha chiesto di essere chiesa “in uscita”. Non è facile dopo duemila anni di storia in cui ci siamo strutturati con una sovrabbondanza di impalcature organizzative che talvolta pesano sul nostro entusiasmo come una cappa di piombo, e ci rendono più gestori più apostoli.

Urge un colpo d’ala. Non possiamo deprimerci. C’è un mondo che aspetta Gesù dal nostro entusiasmo di vita e di fede, dalla nostra gioia.

A tal fine è necessario che quanti abbiamo avuto la grazia della fede, nelle nostre vocazioni di battezzati, senza eccezione, di pastori del popolo di Dio, di consacrati, ci lasciamo interpellare da Gesù senza temere la sua parola.

“Voi che dite che io sia?”

Intorno a questa domanda ruota tutta la nostra fede. Gesù ne è il centro. Nella nostra preghiera diocesana, che specie in questo periodo dobbiamo riscoprire e assimilare, è di lui che si tratta, a lui vanno i nostri pensieri. Egli è la nostra gioia, la nostra speranza, tutto il nostro bene.

Ci mettiamo sulle orme di Pietro: “Tu sei il Cristo”. È la professione della fede, sempre più difficile nella società delle mille opinioni, che ha smarrito il senso stesso della verità, e che pure ha bisogno di Cristo come dell’aria.

Ci mettiamo sulle orme di Pietro. In piena comunione con il successore di Pietro, il nostro Papa Francesco, al quale, da questa basilica papale, vogliamo far giungere i nostri sentimenti di affetto filiale e di preghiera.

Attraversiamo un momento in cui la Chiesa è percorsa da soffi di Satana che vorrebbero incrinarne la stabilità e la pace. Ma lo Spirito di Dio è più forte. La promessa di Gesù – riprodotta dal Vangelo di Matteo nell’analogo racconto –, è la nostra garanzia: “Tu sei Pietro – cefa, roccia – e su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Le porte degli inferi non prevarranno”.

“Riparti, Francesco, ripara la mia casa”. Gesù non lascerà che la sua casa ceda allo spirito del mondo.

Ma proprio per questo, a cominciare da Pietro fino a ciascuno di noi, dobbiamo fare i conti con la parola severa che abbiamo ascoltato, detta da Gesù quando Pietro, come ognuno di noi, è stato tentato di attenuare il dramma della croce. Questa è tentazione satanica. Chi vuole stare dalla parte di Cristo deve saperlo riconoscere, rimettendosi fedelmente sulle sue orme.

“Se qualcuno vuol venire dietro me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

Abbiamo ascoltato ieri, nell’assemblea inaugurale, parole belle che ci hanno ricordato come il cristianesimo sia cammino di libertà, di bellezza, di gioia.

Non faremo mai abbastanza per prenderne coscienza e viverlo   fino in fondo.

Insieme dobbiamo cogliere il senso evangelico di queste parole. Che cos’è la libertà: Gesù lo dice chiaramente: “la verità vi farà liberi, il peccato di fa schiavi”.

Che cos’è la gioia? Per Gesù è la libertà del dono totale di sé: “chi vuole salvare la propria vita la perderà; chi perderà la propria vita per causa mia del Vangelo la salverà”.

Parole nette, che non sopportano ambiguità. Nella stessa logica che anche la seconda lettura ci ha detto con forza: la fede senza le opere è morta. La fede vive di amore, di quell’amore concreto che schiude la nostra vita al servizio e ci rende capaci di aprire il nostro cuore, le nostre case, le nostre comunità, per costruire un mondo di solidarietà e di pace.

Riparti, Francesco…

Ripartiamo anche noi con lui, dalla sua fede sine glossa, dal suo vangelo scelto parola per parola come bussola di vita, dalla sua spogliazione, che gli fece gridare con la sua nudità che Cristo era tutto per lui. E lo fece profeta di una Chiesa povera e per i poveri.

Ripartiamo con lui da questa Porziuncola, che fu non solo il luogo delle sue ascensioni mistiche, ma anche il laboratorio della sua povertà, il grembo dove plasmò i suoi frati per inviarli nel mondo come lievito di fraternità.

Desidero affidare a Maria, al suo cuore di madre, ai suoi occhi teneri, il nostro cammino. Nessuno si tiri indietro. Sia questa seconda visita un grande balzo in avanti della nostra Chiesa per un rinnovamento profondo e una missione efficace. Possiamo diventare tutti costruttori di un futuro bello e pieno di speranza. Amen