ASSISI - “Abbiamo i ricordi di quello che ci ha raccontato la nonna Magda Maria e il fratello Leone, la tensione costante di non farsi riconoscere dalle persone e la paura di essere scoperti. Ma oltre a questa atmosfera di timore, ci parlavano sempre di Assisi, dove si rifugiarono come la famiglia Pastore, come un’oasi di accoglienza”. Sono queste le parole di Pietro Zipoli, uno dei discendenti della famiglia Provenzal, salvata ad Assisi negli anni 1943-44, nel corso dell’iniziativa “Incontro con i testimoni” in scena venerdì 24 gennaio nella sala della Spogliazione del Palazzo vescovile di Assisi che oltre a Zipoli ha visto anche la partecipazione di Leone Provenzal, omonimo di uno degli ebrei nascosti nel monastero di clausura di Santa Croce.
Accompagnati da Marina Rosati, direttrice del Museo della Memoria, Assisi 1943-1944 e da Francesca Cerri, responsabile dell’ufficio beni culturali della Diocesi, insieme al sindaco facente funzioni Valter Stoppini, alla senatrice Emma Pavanelli e all’assessore alle Politiche scolastiche Paolo Mirti, i nipoti dei Provenzal hanno anche visitato le sale del Museo e scoperto alcuni dei documenti che riguardano la storia della loro famiglia, che in molti casi era anche a loro sconosciuta. “Un flusso di emozioni che ci invade, soprattutto perché qui siamo circondati dalla storia che ci riguarda e che è spesso legata a ricordi di bambini che non sempre comprendevamo. E penso che la cosa più bella siano le scolaresche che vengono qui, anime candide che ti danno speranza per un futuro migliore. Questo è il luogo più adatto e più consono per un desiderio del genere”, le parole di Zipoli. Provenzal ha invece sottolineato come “l’invito del Museo ci ha emozionato molto: non siamo tanto testimoni quanto venuti a cercare delle testimonianze. Certo sapevo che la nostra famiglia avesse origini ebree, sapevo delle leggi razziali e che fossero scappati da Tripoli a causa di un momento che ha fatto perdere loro tutti i loro averi e distrutto le loro vite, ma non sapevamo tutto quanto è accaduto”.