ASSISI – “L’Eucarestia ci fa rinascere, risorgere, perché questo Gesù che si tiene legato al dono di sé, della sua morte, è lo stesso Gesù che è vivente in mezzo a noi. Quanto lo hanno capito i nostri santi. Quanto lo ha capito San Francesco che amava dire ogni giorno: scende umile dal trono regale sui nostri altari. E quanto questo lo sentiva il nostro Carlo Acutis - ormai tra qualche giorno Santo -, al punto tale da essersi fatto un programma di vita: quello di mostrare a tutti attraverso la mostra dei miracoli, ma soprattutto attraverso il suo esempio di vita, che l’Eucaristia è davvero tutto per noi”.
Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino al termine dell’omelia della santa messa nella Cena del Signore celebrata giovedì 17 aprile nella cattedrale di San Rufino.
Il vescovo all’inizio dell’omelia ha incitato a far riconquistare a Dio le nostre case. “Dobbiamo fare in modo – ha detto - che ogni nostra casa diventi davvero il luogo in cui Dio si possa incontrare perché egli ha fatto alleanza con noi. Viene Gesù e l’ultima cena sta dentro questa storia, ma con una novità assoluta che nessuno mai avrebbe potuto immaginare. Ed è quello che fa davvero la differenza della nostra Eucarestia e la rende il cuore battente della chiesa, il suo fondamento il suo vertice. Ogni volta che siamo qui intorno a questo altare per celebrarla noi stiamo in quel cenacolo in cui Gesù parla e istituisce questo mistero”.
Parlando della deposizione delle vesti di Gesù, monsignor Sorrentino ha detto che “Gesù fa una cosa incredibile che risponde al senso della sua presenza in mezzo a noi. Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani - egli sa bene di essere il Figlio di Dio, ha tutto nelle sue mani: è il Signore, è il Maestro e lo conferma. È colui che sta al di sopra di tutto e di tutti - si è spogliato di sé, ha deposto le sue vesti”. E infine ha ricordato che il Santuario della Spogliazione è “l’unico nel mondo che porta questo nome perché Francesco ha assimilato questo mistero e ha posto questo segno nella nostra terra. Dopo ottocento anni – ha aggiunto il vescovo - questo segno è germogliato e noi abbiamo questo nome di un Santuario che ricorda questo aspetto del mistero cristiano. Il nostro Dio ci ama al punto tale da spogliarsi della sua gloria, della sua potenza, del suo essere Colui che è il Maestro e il Signore: si mette ai nostri piedi. Tra poco rifaremo questo gesto: è un gesto forte che spiega il senso dell’Eucaristia, abbiamo il massimo della spogliazione”.
L’Eucaristia è il segno di una vita grande che si esprime attraverso una morte d’amore. “La morte – ha aggiunto il vescovo - in sé è morte, ma la morte d’amore è vita. Anzi solo la morte d’amore è vita”.
Durante la santa messa si è tenuto il suggestivo rito della lavanda dei piedi. Infine è seguito il rito della reposizione del Santissimo Sacramento e la deposizione del Cristo morto, ricordo della passione del Signore e della lauda trecentesca della “Scavigliazione”.
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