ASSISI – Costruire un umanesimo sulla dignità dell’uomo che è un valore. È stato questo uno dei concetti evidenziati nel convegno intitolato: “Un umanesimo europeo. Radici di vita e fede”, tenutosi mercoledì 6 luglio nella Sala stampa del Sacro Convento di Assisi. Non si può progettare il futuro senza ricordare il passato e chi dimentica il passato è condannato a ripeterlo. Sono stati questi gli ulteriori concetti approfonditi nel corso della conversazione. È stata inoltre più volte ribadita l’espressione che definisce il nuovo umanesimo come una proiezione del futuro che non può dimenticare né sottovalutare il ruolo del passato e della tradizione con tutto quello che le religioni hanno portato di significativo e rilevante. L’evento che si inserisce all’interno del ciclo di conferenze del Centro studi sulle radici ebraico-cristiane dell’Europa è stato aperto dai saluti di Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di San Francesco. “Vorremmo uscire da una visione dell’umanità come luogo di battaglia, di scontro tra nemici – ha sottolineato padre Gambetti -. Sul campo, il mondo, ci sono soprattutto gli uomini. Occorre percorrere la via che porta a uscire da sé, oltrepassando il timore della differenza. Dall’incontro con l’altro – ha aggiunto – nascono il riconoscimento e la rivelazione. Per stare in una relazione da fratelli occorre essere disarmati e rimanere tali”. Antonio Pieretti, professore di filosofia all’Università degli studi di Perugia nel moderare l’incontro ha fatto riferimento ai recenti avvenimenti che hanno colpito l’Europa ed ha posto alcune domande. Quale è l’idea d’Europa alla quale dobbiamo richiamarci e siamo di fronte ad una crisi legata a fattori contingenti oppure ad una crisi strutturale sono stati alcuni dei quesiti emersi. “Gli episodi, gli avvenimenti più recenti – ha comunicato Pieretti – hanno messo in chiara luce che probabilmente l’Europa che finora abbiamo costruito non era quella che volevamo. Questi avvenimenti hanno evidenziato che l’Europa così come si è realizzata è in profonda crisi. Mi chiedevo – ha proseguito – se questa è una crisi congiunturale legata a fatti, avvenimenti, circostanze oppure è una crisi strutturale legata all’idea stessa d’Europa così come è stata attuata”.
Nella sua introduzione il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia – Città della Pieve si è interrogato “su che cosa è oggi l’Europa, quale futuro ci attende e quale ruolo possono svolgere le religioni”. Ha poi evidenziato il problema del nuovo umanesimo verso il quale ci si deve orientare. “Siamo chiamati ad interrogarci e mettere in pratica una nuova idea di Europa – ha precisato il cardinale Bassetti – senza cadere in un astratto intellettualismo. Dobbiamo avere la fede e il coraggio di non avere paura del futuro. Oggi la prospettiva di un nuovo umanesimo si presenta come una sfida difficile ma al tempo stesso estremamente necessaria”.
Sono seguiti gli interventi di Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma e di Giovanni Maria Flick, giurista ed ex ministro. Il rabbino capo Di Segni ha posto l’accento sulla tradizione, sul ruolo della religione e sul contributo fondamentale della Bibbia nell’identificazione del nuovo umanesimo. “È l’apertura al confronto con il pensiero differente che produce la crescita – ha sottolineato il rabbino Di Segni – . Quindi la presenza delle religioni nella discussione collettiva e nella costruzione della nuova Europa è fondamentale nel senso dialogico. Dialogico tra le religioni, dialogico tra religioni e cultura. Altrimenti non si costruisce nulla che ha un valore”.
Giovanni Maria, Flick dopo una riflessione sul perché l’Europa ha fallito il suo compito ha precisato che “troppo spesso il discorso delle radici europee è stato utilizzato per dividere. Le radici devono servire perché l’albero deve crescere e dare frutti. Il frutto delle radici avrebbe dovuto e dovrà essere un umanesimo integrale. Tra radici e frutti – ha concluso il giurista – dobbiamo occuparci dell’uomo al centro”.
In conclusione è stato ulteriormente sottolineato che l’umanesimo non può essere individualista e che si deve recuperare l’umanesimo che recupera il valore dell’uomo aperto agli altri.