ASSISI – Martedì 20 settembre Papa Francesco è arrivato ad Assisi dove è stato accolto da monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino; la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, il prefetto di Perugia Raffaele Canizzaro e il sindaco di Assisi Stefania Proietti. Il Papa che è accompagnato da monsignor Angelo Becciu, sostituto dalla Segreteria di Stato e da monsignor George Gaenswein, prefetto della Casa pontificia, dal campo sportivo di Santa Maria degli Angeli si è recato al Sacro Convento nella Basilica di San Francesco di Assisi dove si svolgono gli incontri e i momenti di preghiera per la pace.
Al Sacro convento è stato accolto dal custode, padre Mauro Gambetti. Il Papa ha salutato e abbracciato Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli; Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia; Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa di Inghilterra; Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma; Abbas Shuman, vice presidente dell’Università Al-Azhar; il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.
Papa Francesco ha anche salutato i 25 rifugiati che hanno preso parte al “pranzo di pace” con lo stesso Bergoglio e i leader religiosi. Dieci di loro sono arrivati in Italia con i ‘corridoi umanitari’ di Sant’Egidio, dieci arrivano dal Cara di Castelnuovo di Porto, cinque sono invece assistiti dalla Caritas di Assisi.
Ad accogliere il Santo Padre al Sacro Convento anche alcuni rappresentanti del governo italiano: stretta di mano e scambio di qualche parola tra il Papa e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti e il vice ministro agli Esteri Mario Giro. Alle 13 si è svolto il pranzo al refettorio del Sacro Convento con i leader delle fedi presenti. Il pranzo della Pace ha avuto un menu molto semplice, “francescano”, rispettoso delle differenti tradizioni religiose.
Di seguito il discorso del Papa durante la preghiera ecumenica dei cristiani.
Di fronte a Gesù crocifisso risuonano anche per noi le sue parole: «Ho sete» (Gv 19,28). La sete, ancor più della fame, è il bisogno estremo dell’essere umano, ma ne rappresenta anche l’estrema miseria. Contempliamo cosi il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini. Di che cosa ha sete il Signore? Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l’acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore. Il profeta Geremia ha espresso il compiacimento di Dio per il nostro amore: «Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento» (Ger 2,2). Ma ha dato anche voce alla sofferenza divina, quando l’uomo, ingrato, ha abbandonato l’amore, quando — sembra dire anche oggi il Signore — «ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (Ger 2,13). E il dramma del “cuore inaridito”, dell’amore non ricambiato, un dramma che si rinnova nel Vangelo, quando alla sete di Gesù l’uomo risponde con l’aceto, che è vino andato a male. Come, profeticamente, lamentava il salmista: «Quando avevo sete mi hanno dato aceto» (Sai 69,22).
“L’Amore non è amato”: secondo alcuni racconti era questa la realtà che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta (cfr Fonti Francescane, n. 1413). Questa stessa realtà ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto “Ho sete”. Estinguere la sete d’amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta. Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà “benedetti” quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo “Ho sete” possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete. Ma a loro viene spesso dato, come a Gesù, l’aceto amaro del rifiuto.
Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione. Di fronte a Cristo crocifisso, «potenza e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24), noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell’Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male è stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere “alberi di vita” che assorbono l’inquinamento dell’indifferenza e restituiscono al mondo l’ossigeno dell’amore. Dal fianco di Cristo in croce uscì acqua, simbolo dello Spirito che dà la vita (cfr Gv19,34) così da noi suoi fedeli, esca compassione per tutti gli assetati di oggi. Come Maria presso la croce, ci conceda il Signore di essere uniti a lui e vicini a chi soffre. Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal crocifisso risorto, cresceranno ancora di più l’armonia e la comunione tra noi. “Egli infatti è la nostra pace” (Ef2,14) Egli che è venuto ad annunciare la pace ai vicini e ai lontani (Ef2,17). Ci custodisca tutti nell’amore e ci raccolga nell’unità, perché diventiamo quello che lui desidera: “una sola cosa”. (Gv, 17,21)