ASSISI – Tantissimi pellegrini e fedeli delle due comunità diocesane di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno hanno partecipato alla santa messa di suffragio per Papa Francesco presieduta dal vescovo monsignor Domenico Sorrentino venerdì 25 aprile nella chiesa superiore della Basilica di San Francesco ad Assisi e concelebrata dal clero delle due diocesi. Il Papa che – come ha ricordato il custode fra Marco Moroni – “ha dimostrato un grande affetto per Assisi”.
Durante l’omelia il vescovo ha sottolineato che “tanta gente si sta recando a Roma in questi giorni ed è bello che la comunità ecclesiale tutta senta quel naturale sentimento di mestizia che inevitabilmente ci prende quando si allontana da noi per la vita eterna una persona cara. E Papa Francesco – ha aggiunto il vescovo - è stato sicuramente qui ad Assisi una persona cara, direi uno di famiglia: tante volte mi è capitato di sentire, quando abbiamo avuto occasione di conversare o anche quando mi è capitato di parlare con altri confratelli dell’episcopato i quali mi facevano notare che questo affetto speciale di Papa Francesco per Assisi, che si traduceva anche in visite certamente più frequenti che nelle altre chiese, che sembrava un po’ esagerato. E io facevo notare sia al Papa che a coloro che mi facevano tali osservazioni che se aveva preso il nome di Francesco e aveva fatto suo il programma di Francesco, Assisi è diventata la sua casa e ogni volta che ci tornava, ‘tornava a casa”. Il vescovo ha sottolineato che è stato davvero qualcosa di nuovo nella storia della chiesa almeno nel Secondo millennio quello che è capitato quando Papa Francesco “ha preso il nome del nostro Santo. Qualcuno forse lo aveva sicuramente immaginato e auspicato, ma sembrava quasi che a volerlo un Papa volesse troppo, perché davvero Francesco è un gigante della spiritualità e con la sua radicalità evangelica nemmeno la schiera enorme dei fratelli che lo hanno seguito nella sua vocazione è riuscito mai a raggiungerlo; ci si è provato, si è fatto addirittura tante volte qualche tentativo di innovazione, si è creato un’altra famiglia, un altro ordine per tentare di avvicinarsi alla sua altezza e poi ci si è dovuto convincere che è veramente difficile arrivare alla sua altezza. Che un Papa prendesse il nome di Francesco poteva far quasi paura, perché avrebbe dovuto poi essere coerente con questa scelta: ma Papa Francesco davvero ha fatto di tutto per mostrarci che cosa significa una coerenza evangelica sui passi di Francesco, e quindi ci lascia un'eredità impegnativa: ci dice che è possibile guardare a Gesù con le lenti, le parole, con i gesti e con la vita del nostro santo. Ci dice che non dobbiamo avere paura della santità e della radicalità evangelica nella santità, ciascuno poi certo ha la sua vocazione, i suoi talenti e le sue possibilità: ma dobbiamo guardare in alto, tendere in alto e non accontentarci di poco, questo Francesco di Assisi ce lo ha detto 800 anni fa e Papa Francesco ce lo ha ribadito con l’intera sua vita e ministero da pontefice provando a dirci che cosa questo significa. Mentre dunque lo accompagniamo nell’abbraccio con la misericordia del Signore è bello metterci sulle orme congiunte di Francesco d’Assisi e di Papa Francesco per capire qualcosa di questa eredità che ci ha lasciato il Poverello e che il Papa ha rilanciato nella chiesa dei nostri tempi”. Sorrentino ha quindi ricordato la sua prima visita e la messa celebrata da Bergoglio nel 2013 sulla piazza inferiore: “Mi colpirono le parole che disse a proposito della lettura che noi dobbiamo fare della santità di Francesco: ricordò che è facile tirare un po’ per la giacca Francesco d’Assisi, perché è un santo che ha detto tante cose che restano attuali. E infatti Francesco è patrono dell’ecologia, è il santo della Pace ripropostoci da Giovanni Paolo II quando nel 1986 chiamò qui i leader religiosi per pregare per la pace, è un santo che parla di economia e patrono del movimento mondiale di Economy of Francesco, un’economia che si delinea a partire dal suo insegnamento”. Per questo - ha aggiunto il vescovo - “è difficile trovare qualcuno che faccia lo schizzinoso (anche se Goethe rimase ammirato del Tempio di Minerva, oggi Santa Maria sopra Minerva e non ebbe nemmeno la curiosità di venire in questa Basilica); e questo è successo anche con il nostro Papa, molta gente infatti pensa fosse ‘uno di noi’ per la sua umanità e spiritualità, un Papa che andava anche al Festival, con la parola di Dio”. E se “è bello venire in questa Basilica e vedere la storia di Francesco santo raccontata negli affreschi il vescovo ha sottolineato anche come “nel luogo dove ho avuto il privilegio di veder riemergere il luogo simbolo della radicalità della spogliazione di Francesco che si conforma alla spogliazione di Gesù, ora c’è la santità di Carlo Acutis. Il gigante e il bambino che fanno squadra insieme, sulla scia di quando Papa Francesco venne a spiegarci il segreto del futuro della chiesa, che Francesco è grande e va imitato perché si è così innamorato di Gesù da diventare una cosa sola con lui. E ora il nuovo Pontefice, anche grazie a Carlo, ripartirà all’insegna della giovinezza e della gioia”. Il tutto ricordando che “nel 2013 Papa Francesco volle che io e lui pranzassimo con i poveri, ha voluto che imparassimo ad abbracciarli, come ci ha ricordato anche al Serafico quando disse ‘che nei ragazzi ci sono le piaghe di Gesù da ascoltare, perché nelle piaghe dell'umanità c'è Gesù’. Ora la Chiesa si apre a una speranza nuova e abbiamo bisogno di uno scatto: il Papa ci ha aiutati a farlo e ora tocca a noi portarlo avanti, come anche Francesco Santo disse ai suoi discepoli”.