IN UMBRIA 1.800 PAZIENTI CHIEDONO LE CURE PALLIATIVE

 ASSISI – La tavola rotonda – organizzata dalla Commissione diocesana di Pastorale della Salute si è svolta il 29 novembre nella cornice della sala Dono Doni del Sacro convento di S. Francesco ad Assisi.
Alla presenza di un pubblico attento, espressione delle varie associazioni del territorio ( Unitalsi, Misericordia, Croce Rossa, Associazione Con Noi, AUCC i e di molti operatori dei servizi di cure palliative degli  ospedali umbri) ha visto gli interventi di:
 
  • P. Maurizio Faggioni Ofm, teologo e ordinario di Bioetica presso Università Alfonsiana Roma
  • Prof. Manlio Lucentini, Coordinatore regionale della SIPC ( Società Italiana  Cure palliative) e della prof.ssa Cynthia Aristei, dipartimento di Scienze Chirurgiche e Biomediche Università di Perugia
  • moderatrice: dott.ssa Benedetta Frigerio, giornalista de La Nuova Bussola Quotidiana
 
Introdotta dal vescovo – che ha sottolineato l’importanza della presenza spirituale del cristiano accanto al malato e ad ogni fragilità, e invitato i relatori a offrire una motivazione culturale e spirituale rispetto a una tematica così delicata segno della Misericordia di Dio ma anche della  Comunità cristiana che si fa carico di assumere su di sé le necessità del fratello – la tavola rotonda ha affrontato i temi del Fine vita e dei valori e azioni conseguenti.
Il professor Lucentini ha affrontato il tema riassumendo i risultati raggiunti dalle cure palliative in Italia dopo 30 anni dalla loro istituzione e offerto alcuni  numeri del servizio: in Italia i malati che necessitano di un programma di cure Palliative sono stimati annualmente tra 182.000 e 243.00, di cui assistiti in Hospice tra 52.000 e 72.000 ( dati Ministero della Salute).
In Umbria la situazione è significativa: 1.800 pazienti annualmente chiedono l’accesso a programmi di cure palliative, mentre ad oggi sono 450 i soli malati oncologici inseriti in un programma e oltre 1.000 complessivamente, considerando anche quelli affetti da altre patologie.
Il dott. Lucentini ha evidenziato l’importanza strategica della formazione e aggiornamento professionale delle figure mediche e non mediche coinvolte nell’equipe delle cure palliative, sottolineando che sempre più chiaramente emerge il bisogno di cura non soltanto del dolore fisico, ma anche di quello psicologico e spirituale.
In quest’ultimo aspetto lamenta l’assenza di figure capaci di farsi carico di questa componente fondamentale.
La professoressa Aristei ha poi spiegato l’importanza della radio oncologia, che offre una speranza di prolungamento della  vita, ma anche l’opportunità di ridurre il dolore e di divenire anch’esso una cura palliativa.
Padre Faggioni, infine, ha trattato il tema dell’educarsi mediante la fragilità, ricordando che il sollievo fisico è importante, ma la vulnerabilità, a detta del noto accademico, va accolta e ascoltata. In questo ha sottolineato l’importanza del medico nel saper accogliere e narrare la propria vulnerabilità,  al fine di poter accogliere e curare anche la vulnerabilità del malato.
Occorre – ha affermato – che anche i sacerdoti imparino a rispettare la fragilità e l’autonomia del malato, senza a tutti i costi cercare di convertirlo alla fede. E ha aggiunto : “Occorre che di fronte alla domanda spesso provocatoria del malato terminale: dov’è il tuo Dio, tutti noi cristiani abbiamo l’umiltà di rispondere: non lo so, ma so che Lui mi ha mandato da te.
Nella prospettiva di fede padre Faggioni ha poi concluso il suo intervento parlano di quello che – provocatoriamente – ha definito lo “Scandalo della sofferenza innocente”, con riferimento alla malattia e morte dei bambini.
Ha denunciato la soppressione sistematica  che in tanti paesi, Italia compresa, avviene con l’aborto selettivo di bambini down ( in Danimarca il 98% dei concepiti, in Norvegia, Spagna e Gran Bretagna siamo oltre il 90, in Italia il 60% circa secondo alcune ricerche), invocando il diritto di ogni persona a vivere e il valore della vita.
Ha ricordato che la risposta di Dio alla sofferenza e al dolore  è il silenzio; un silenzio che si riempie di una presenza di amore misericordioso di un Dio che si lascia attraversare e visitare dalla sofferenza, dalla malattia, dalla morte salendo sulla croce.
Però – ha ammonito – spesso il prete si fa prossimo negli eventi lieti, va a cena, alle nozze, ai battesimi e si fa presente in momenti dove la sua presenza è superflua, e nell’unico momento nel quale l’uomo ha bisogno d’aiuto, nella malattia e nella sofferenza del fine vita, lì il prete è spesso assente.
 
La commissione diocesana, facendo tesoro delle indicazioni emerse a conclusione della tavola rotonda, presenterà al vescovo un progetto di formazione per operatori pastorali, che possano utilmente impegnarsi nei percorsi di accompagnamento dei malati terminali.