ASSISI – “Assisi, com’è noto, è stata la location di due eventi di primo piano: l’uno, a cui fa capo tutta questa celebrazione dello spirito di Assisi, è l’evento del 27 ottobre 1986, in cui la preghiera per la pace, elevata dai rappresentanti di varie religioni, presupponeva già almeno un senso di fraternità; l’altro, il 3 ottobre 2020, quando papa Francesco è venuto a firmare alla tomba del Poverello l’enciclica Fratelli tutti, mettendone così in luce il filo rosso francescano”.
Lo ha detto monsignor Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, all’inizio del suo intervento al Forum “Fraternità universale e dialogo interreligioso. A 60 anni dalla dichiarazione ‘Nostra Aetate’” che si è tenuto lunedì 27 ottobre, al teatro Studio dell’auditorium Parco della Musica. Il forum rientra le iniziative dell’incontro Internazionale per la pace, quest’anno intitolato “Osare la pace”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, in occasione del 39esimo anniversario dello Spirito di Assisi, che ricorda lo storico incontro interreligioso di preghiera per la pace del 1986, voluto da San Giovanni Paolo II.
“Rispetto a questi due eventi – ha aggiunto il vescovo - , la Nostra Aetate è non solo uno sfondo, o una cornice, ma in qualche modo un documento fondativo. Quanto infatti essa dice a proposito del rapporto tra le religioni, fa riferimento specifico alla condizione di fraternità del genere umano.
- Nell’Introduzione si legge: I vari popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo, Dio.
- Al n.5: Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio.
- L’idea di fraternità compare anche al n. 4 dove si parla di “fraterno dialogo” tra cristiani ed ebrei”.
Il vescovo ha poi ricordato l’importanza di questo tema nella vita del Poverello di Assisi.
“Dal punto di vista, per così dire, assisano – ha spiegato monsignor Sorrentino - , questi appelli alla fraternità non possono non ricordare che questo tema fu particolarmente caro a Francesco d’Assisi. In Francesco possiamo individuare tre tappe di approfondimento della fraternità.
- La prima è all'inizio della sua conversione. Racconta egli stesso nel suo Testamento che la sua conversione avvenne quando il Signore gli chiese di superare il ribrezzo che provava nei confronti dei lebbrosi, gli ultimi ed emarginati del suo tempo. Abbracciarli e servirli fu un modo concreto di considerarli fratelli. Dio stesso glieli presentava come suoi figli e fratelli da amare. Cadevano tutti gli steccati. Il fondamento della fraternità non risiede in alcune caratteristiche della nostra umanità. Il fondamento è trascendente, è Dio. Tutti poggiamo su questo fondamento. E se proprio una accentuazione di fraternità va fatta, questa è a vantaggio dei poveri e degli ultimi.
- Una seconda tappa, anch’essa indicata nel Testamento, fu quando il Signore attrasse delle persone a condividere la sua vita. “Dio mi diede dei fratelli”.
Qui siamo a un cerchio interno della fraternità universale. Un cerchio che non chiude i fratelli in un recinto speciale, fosse pure religioso, ma li pone piuttosto in una condizione di servizio, di testimonianza, di annuncio. Una fraternità carismatica a servizio di tutti gli altri fratelli e sorelle”.
Infine il riferimento al Cantico delle Creature e al dialogo tra Francesco e il sultano.
“Il terzo passo – ha concluso il vescovo - avviene alla fine della sua vita, in occasione della composizione del Cantico di Frate Sole. Qui la sua vista si allarga al di là dello stesso cerchio degli umani: tutti gli elementi del cosmo acquistano la fisionomia della fraternità: frate sole, sora luna, sora acqua ecc. Tutte creature provenienti da uno stesso Creatore, dunque tutte da rispettare e da promuovere. Una fraternità cosmica.
È indubbio che questo senso di fraternità così concepito dovesse avere conseguenze anche nel rapporto tra le religioni. Viene spontaneo qui pensare al celebre episodio del dialogo di Francesco con il sultano Alik al-Malik. Un dialogo che è stato considerato precorritore del nostro dialogo tra le religioni. Credo tuttavia occorra fare una onesta precisazione: anche Francesco, per quanto la sua vista e il suo messaggio siano profetici, era tuttavia anche uomo del suo tempo. Immaginare che egli avesse già i presupposti del dialogo delineato dal Vaticano II sarebbe anacronistico. Francesco va dal sultano non per un dialogo interreligioso nel senso odierno, ma con un intento missionario: vuole annunciare il Vangelo e promuovere la pace. A differenza dei crociati, va tuttavia senza spada, con un animo e un portamento di povertà, di umiltà e di semplicità ed anche di rispettosa discrezione. Discrezione ben espressa nella Regola non bollata:
I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio (1Pt 2,13) e confessino di essere cristiani.
L'altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani. (Regola non bollata, XVI,FF 42-45)
Se dunque a Francesco non può essere attribuito il merito di aver concepito il “dialogo” tra le religioni, dev’essere però riconosciuto di averne messo in luce lo stile: uno stile fatto di umiltà e di sottomissione, lo stile vincente dell’annuncio, ma anche l’unico stile possibile per un dialogo vero e sincero. Se Giovanni Paolo II collocò l’evento del 1986 ad Assisi, fece una scelta del tutto profetica, anche da questo punto di vista, dando un respiro francescano alla traduzione della Nostra Aetate in termini di fraternità e in vista di un nuovo modo di essere del cristianesimo verso le altre religioni".
In allegato l'intervento del vescovo mons. Domenico Sorrentino






