Nel Museo della Memoria di Assisi celebrato il 25esimo anniversario della morte di Gino Bartali

LA NIPOTE: “MIO NONNO UN UOMO UMILE, GENEROSO E DI GRANDE FEDE”

ASSISI – “La memoria del nonno dopo tutto questo tempo è aumentata: ancora oggi siamo qui a ricordarlo, ancora oggi è un esempio di valori, di umiltà. Ben venga che se ne parli ancora perché lui ha veramente ancora tanto da dare”. Lo ha detto Gioia Bartali, nipote del grande campione di ciclismo e Giusto tra le Nazioni, Gino Bartali, a margine dell’iniziativa che si è tenuta lunedì 5 maggio nel pomeriggio al Museo della Memoria, nel Santuario della Spogliazione di Assisi, in occasione del 25esimo anniversario della sua morte.

Durante il momento di dialogo, al quale hanno partecipato anche molti studenti, la nipote del campione ha parlato della grande fede, umiltà e generosità del nonno. Gran parte dei trofei che ha vinto nella sua vita li ha donati ai parroci, ed ora sono custoditi nelle parrocchie. Questo lo ha fatto anche in segno di ringraziamento per le sue vittorie.

“Lui - ha detto Gioia - è stato una persona molto umile. Non ha mai accumulato ricchezza. Ha vinto due maglie gialle dei tour de France: una nel 1938 e l’altra nel 1948. Questo record ad oggi non è ancora stato battuto da nessuno. Le sue maglie non le ha messe in un museo, ma non le ha neanche volute tenere. Delle sue bici gliene erano rimaste solo due. Una delle sue biciclette la donò per una pesca di beneficenza della parrocchia. La generosità, l’umiltà di mio nonno è anche questo: non ostentare”.

Tutta la sua vita è stata con la gente ed è stata una vita nel segno dello sport.

“Per la nostra famiglia – ha spiegato - è stato un grandissimo esempio. Averlo potuto vivere è stato veramente un privilegio”. Alla nipote ripeteva spesso che di lui ne avrebbero “parlato più da morto che da vivo”. “Quando mi ha detto questa frase – ha sottolineato Gioia - io non l’ho capita subito. Lui in vita non desiderava raccontare tante cose: non ha mai raccontato di aver salvato 800 ebrei, non ha mai raccontato che ha salvato un’intera famiglia nascondendola in una cantina di sua proprietà”. Se dopo la Seconda Guerra mondiale avesse raccontato la sua opera di salvezza nei confronti degli ebrei perseguitati “avrebbe preso chissà quante altre medaglie d’oro e chissà quante altre riconoscenze”.

Molte sono state le staffette della salvezza che videro Gino Bartali trasportare, all’interno della canna della bici su cui si allenava, i documenti falsi stampati in Assisi e destinati agli ebrei di Firenze.

Al termine del momento di dialogo è seguita la santa messa presieduta dal vicario generale don Giovanni Zampa nella Cappellina privata, appartenuta al ciclista toscano e dedicata a Santa Teresina del Bambin Gesù, che è stata donata nel 2018 dalle nipoti Gioia e Stella Bartali al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” che l’ha posta nel percorso di visita.

Durante l’omelia il vicario generale ha sottolineato la grande fede che ha caratterizzato l’intera vita di Gino Bartali.

“Noi di Gino – ha detto don Giovanni - ricordiamo tanti gesti. Non solo le vittorie, ma anche quelle di aver fatto da spoletta, da ambasciatore segreto per portare i documenti. Ma c’è un’opera più grande che è quella di avere creduto. Tutto ciò che ha fatto lo ha fatto per fede. Gino è un uomo che ha creduto e ha fatto le opere che Dio ha insegnato: dare la vita per gli altri. Noi oggi celebriamo e raccomandiamo a Dio la fede di Gino e anche quella di sua moglie Adriana. Questa coppia che ha creduto e ha messo in pratica il Vangelo”.