ASSISI – Anche quest’anno migliaia di pellegrini hanno partecipato al “Perdono d’Assisi” o Indulgenza della Porziuncola: da otto secoli, il 1°e 2 agosto, infatti tantissimi persone possono godere di un privilegio unico e singolarissimo: ritrovare pace e perdono. Lo chiese a Dio, San Francesco in quella notte di profonda preghiera del 2 agosto 1216. Ed anche quest’anno, come si fece nel 2016 in apertura delle celebrazioni per l’VIII centenario del Perdono di Assisi la diocesi ha voluto fissare questo momento con il pellegrinaggio dalla Basilica di San Francesco a quella di Santa Maria dove, martedì 1 agosto, ci sono stati i vespri presieduti dal vescovo di Assisi monsignor Sorrentino. Nel suo saluto il presule ha voluto ringraziare tutti i pellegrini della diocesi che hanno partecipato a questo momento dimostrando davvero che siamo “una chiesa che cammina. Ci sentiamo Chiesa e ci prepariamo agli importanti passi che ci attendono dopo la celebrazione del Sinodo. In particolare andremo a vivere un triennio dedicato alla preghiera e in maniera specifica alla liturgia”. “Siamo nell’orizzonte della misericordia – sottolinea il presule -: Francesco volle questo, ottocento anni fa, per le persone impossibilitate ad andare nei luoghi allora designati per ricevere l’indulgenza. Volle che questo dono fosse disponibile anche qui ad Assisi, nel centro della sua stessa spiritualità, la Porziuncola, luogo dove egli si intratteneva in preghiera e dove plasmava la sua fraternità. Per questo luogo santo egli chiese una sovrabbondanza di grazia: di questo infatti si tratta, quando si parla di indulgenza. Il perdono di Dio lo riceviamo ogni qualvolta chiediamo perdono dei nostri peccati e, se sono gravi, li confessiamo. Oltre i peccati, ci sono i residui che essi lasciano in noi, residui da cui liberarci, in questa vita o nell’altra. La teologia classica ne parla in termini di pene temporali perciò – chiarisce il vescovo – occorre chiedere al Signore la grazia, che ci aiuti a rinnovare la nostra vita in maniera integrale. Un rinnovamento fatto per darci gioia: non a caso San Francesco, con il suo stile fiorito, si espresse così: ‘Voglio mandarvi tutti in Paradiso’. Il Poverello sperimentava il Cielo nel suo cuore, perché il Paradiso non è cosa lontana, ma è la vita di Dio in noi. E desiderava che tutti avessero la sua gioia. La Porziuncola – aggiunge monsignor Sorrentino – c’è per questo: è sorgente di perdono, di misericordia, di gioia. Ne vengono toccate tante persone, che vengono qui in questa circostanza e nel corso di tutto l’anno”. Il fatto, poi, di poter chiudere quest’Anno speciale anche con la presenza del cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin in qualche modo rinnova la presenza e la vicinanza di Papa Francesco, è per noi di particolare gioia e incoraggiamento”.
Provvidenziali anche i frutti che il Perdono ha portato con sé secondo Sorrentino essendo quella dell’indulgenza una “esperienza interiore della misericordia che aiuta le persone a vivere un atteggiamento di vicinanza e solidarietà. Mi pare di toccare con mano – racconta il presule – i frutti del Perdono, quando vedo crescere la generosità, la disponibilità, l’attenzione agli altri. In diocesi sono tanti i percorsi di carità e misericordia che sono attivati non solo sul versante della Caritas, ma anche su quello del nostro progetto di rinnovamento della parrocchie con le piccole comunità, le ‘Comunità Maria famiglia del Vangelo’, che si interrogano anche sulla carità a partire dal Vangelo e diventano luoghi di reciproca disponibilità, apertura, sostegno a chi vive particolari difficoltà”. Sì, – continua monsignor Sorrentino – “l’esperienza interiore della misericordia, del perdono e dell’indulgenza aiuta le persone a vivere in fraternità, e questa è segno inconfondibile di ciò che la grazia compie nell’intimo”. Ricordando, poi, la recente inaugurazione del Santuario della Spogliazione, dove San Francesco “diede la testimonianza della sua radicalità evangelica ed espresse la gioia che il cristiano sa sperimentare persino di fronte a Sorella Morte”. Obiettivo per la chiesa di Assisi, come conclude il vescovo, è quello di “rimanere nel solco che Francesco ha scavato ad Assisi è il nostro compito e il nostro futuro”.