Non fermiamoci, è ancora tanta la messe da raccogliere tutt’insieme

 BETTONA – Si è famiglia se riusciamo a comportarci con gli altri con l’amore, la misericordia e la pazienza, parafrasando così la nostra preghiera di Consacrazione.
In uno dei nostri incontri, dopo la preghiera, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che sicuramente potevamo fare qualcosa di più per gli altri, per i nostri fratelli meno fortunati di noi.
Gesù ci ha preso subito sul serio e in poco tempo ha messo davanti al nostro percorso una serie di “occasioni”.
Durante l’estate la Prefettura di Perugia ha dirottato nella nostra piccola realtà 20 profughi, tutti di colore, tutti giovanissimi, tutti impauriti e disorientati, quello che avevamo visto fino adesso in televisione, diventava improvvisamente concreto. La sistemazione purtroppo non era ottimale in quanto la struttura che li ha accolti è lontana dal nostro paese 5/6 km, in una località isolata, logisticamente difficile da raggiungere, rendendo così problematica la loro relazione con la nostra realtà.
Il primo contatto con loro lo abbiamo avuto insieme al nostro parroco, enormi le difficoltà di comunicazione, ancora oggi evidenti, in quanto i ragazzi provengono da vari paesi africani, solo pochi riescono a farsi capire ma da subito è apparsa evidente la precarietà della loro situazione. Noi l’unica lingua che abbiamo cercato di parlare con loro è stata la lingua dell’amore, della solidarietà dell’accoglienza e della vicinanza, una lingua che ha unito subito le nostre esistenze.
Il nostro punto di contatto è stato Cristo, il nostro punto di incontro, la Chiesa della nostra Parrocchia. Li abbiamo invitati a venire a messa la domenica e piano piano, prima 5, poi 6 poi 10, adesso vengono quasi tutti, anche quelli che non sono cristiani. Vengono a piedi (5/6 km ogni volta) pur di non rinunciare a questo contatto, poi dopo la messa, li riportiamo a casa con le nostre macchine. Uno di loro, ribattezzato “Epoca” per il suo nome così difficile, suona le percussioni nel coro parrocchiale.
Un pomeriggio siamo andati a prenderli e li abbiamo fatti giocare a calcetto nella struttura sportiva del paese e poi abbiamo cucinato e mangiato insieme cantando fino a tardi, per un attimo nei loro occhi si è riaccesa la luce.
Anche il dolore purtroppo ha segnato il cammino della nostra famiglia, ma è stato anche il nostro momento di crescita più evidente. Claudia, per tutti Claudietta, la giovane rumena che vive in paese, l’ultima arrivata nella nostra famiglia, già duramente provata dalla malattia e dalla morte della sorella, che stava ritrovando, grazie alla sua grande fede e alla nostra vicinanza, quella pace e serenità ormai persa, durante le vacanze estive nel suo paese di origine, per un improvviso malore, perdeva anche il suo giovane marito con il quale aveva lasciato la sua terra. “ Voi siete la mia famiglia”: questo Claudia ci ha detto quando ha deciso nonostante tutto di rimanere a Bettona, la sua scelta di tornare e vivere con noi la sua grande fede è stato un esempio per tutti noi.
Abbiamo capito che il regalo più bello che possiamo ricevere è la possibilità di poter aiutare qualcuno che ha bisogno, di rendere concreto quell’amore incarnato da Cristo.