RIPENSARE L’UOMO IN SALUTE

ASSISI – “Ripensare l’uomo in salute”, una riflessione che, prendendo spunto dal discorso che Papa Francesco ha pronunciato al Serafico di Assisi durante la visita del 4 ottobre, ha toccato i temi della disabilità e affrontato questioni nevralgiche che coinvolgono profondamente la persona umana.. La presidente dell’Istituto Francesca Di Maolo, durante il discorso di apertura dei lavori della tavola rotonda che si è svolta ieri nell’ambito della “Festa in amicizia” ha sottolineato con forza questi aspetti: “Sentiamo forte il dovere di partecipare a una cultura solidale e con questa manifestazione vogliamo invitarvi a mettere da parte la pietà nei confronti dei ragazzi con disabilità anche grave, ma a fermarvi in loro ascolto. Perché – ha continuato – ci svelano che l’uomo è fragile per sua natura e tentare di ignorare questa fragilità ci rende una società disumana e vuota di spirito. Dopo i saluti istituzionali del vescovo monsignor Domenico Sorrentino, del sindaco Claudio Ricci, del prefetto Antonio Reppucci è stato don Carmine Arice, direttore dell’ufficio nazionale per la pastorale della salute Cei a entrare nel merito citando Pascal: “L’uomo non potendo vincere la morte ha deciso di non pensarci – eppure, ha continuato – questo processo di rimozione deriva da una crisi antropologica, come dice spesso Papa Francesco. Dobbiamo rimettere l’uomo al centro perché è necessario curare tutte le sfere che compongono l’uomo: quella fisica, quella psichica, ma anche quella spirituale e morale”. Importante e allarmante l’intervento di Sandro Elisei, docente di Psichiatria all’Università di Perugia che ha snocciolato alcuni dell’Organizzione mondiale della Sanità: “Ogni 53 secondi una persona si suicida, le patologie depressive sono la seconda causa di morte nel mondo. Questo deve farci riflettere seriamente, infatti la cultura di questa società cosiddetta del benessere è in realtà una cultura profondamente narcisistica, che tende all’isolamento della persona”.
E’ stato poi Francesco D’Agostino, docente di filosofia del diritto e editorialista di Avvenire a lanciare una provocazione all’assemblea: “C’è una carenza di inquietudine, perché – ha detto -bisogna ammettere che la realtà nobilissima del Serafico, è una realtà di nicchia. Viviamo in una società, infatti, in cui non si vogliono curare le malattie gravi perché sono troppo costose, in una realtà in cui l’Unione europea non manifesta indignazione per la legge belga sull’eutanasia pediatrica. Il vangelo – ha continuato – insegna che la morte, non quella materiale, ma quella spirituale va combattuta. Stiamo sempre più entrando in un sistema post secolare – ha concluso – che legittima qualsiasi scelta di vita a condizione che non danneggi un’altra persona ma questo, che può sembrare un modello liberale o molto razionale, in realtà è qualcosa di pericoloso, perché ci impedisce di capire quali sono le vere vittime di questo stile di vita culturale”.