“SIAMO IN CAMMINO VERSO L’UNITA'”

Monsignor Spreafico ha aperto il convegno ecumenico nazionale, presente il vescovo Sorrentino

ASSISI – “Ogni commemorazione ha il proprio contesto. Quella di oggi è la prima commemorazione comune che avviene in un’epoca di globalizzazione, è la prima commemorazione a dovere fare i conti con la necessità di una nuova evangelizzazione”. Lo ha detto il presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, monsignor Ambrogio Spreafico, durante i saluti di introduzione al Convegno nazionale dal titolo “Nel nome di Colui che ci riconcilia tutti in un solo corpo” che si svolge fino a domani ad Assisi. Una tre giorni che, prendendo lo spunto dal quinto centenario della Riforma del XVI secolo, si prefigge di interrogarsi su cosa può significare “riforma” nel contesto storico attuale. Aspetto messo subito in luce anche dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino nei suoi saluti d’apertura. “Se riusciamo a ritrovare l’essenziale – ha detto il presule – anche con tutte le fatiche, riusciremo a fare passi in avanti”. Entrando nel merito dell’assise monsignor Spreafico ha sottolineato lo sforzo e l’umiltà che hanno guidato l’azione di ogni componente. “Nessuno ha voluto rivendicare o imporre le sue verità – ha aggiunto ancora il presule –. Pur conoscendo le ferite della divisione il nostro sforzo comune ci ha avvicinato. Non abbiamo cercato di eliminare le differenze ma ci siamo impegnati in un lavoro comune”. Monsignor Spreafico ha poi parlato della reciprocità del dono, del valore dell’incontro e della fraternità, della centralità della Bibbia, della carità verso l’unità, della Riforma come invito e impegno. “Non possiamo non dare un senso alla nostra diversità. Abbiamo bisogno di riscoprire reciprocità nel dono. Il dono rende liberi, non permette di chiedere all’altro di essere come se stessi. Il dono è gratuità, merce rara in un mondo di individualismo. L’incontro aiuta il dialogo e si offre come segno che suscita attenzione e cambia attitudine in chi lo accoglie. I segni si pongono come profezia. Parole e i segni costruiscono insieme la storia e la cambiano. La Parola di Dio che ci nutre nella preghiera e nell’incontro – ha continuato -diventa possibilità di vedere chi siamo, per indirizzarci verso il futuro in maniera nuova. Gli incontri e le parole che ci siamo scambiati in questi anni hanno contribuito al cambiamento che oggi sperimentiamo. Tutti hanno posto piccoli tasselli per un cammino in piena unità tra noi. Pur nelle difficoltà oggi riconosciamo che tutto ha assunto un valore profetico che ci ha portati fin qui. Negli anni la Riforma ha contribuito a diffondere la conoscenza della Bibbia. Traduzioni ecumeniche degli ultimi decenni hanno favorito questo processo al di là del risultato delle stesse. La Società biblica ha contribuito in maniera sostanziale a questo processo di conoscenza della Bibbia. Si ha l’impressione che ancora poco la Bibbia sia diventato il libro che nutre la vita spirituale e orienta la prassi delle nostre comunità pastorali. Siamo davanti a una domanda a cui si deve rispondere coinvolgendo le nostre comunità perché l’eredità della Riforma diventi principio di riforma della nostra vita personale comune. Forse se ognuno tornasse seriamente a questa sorgente – ha continuato il presule – i passi verso la piena unità diventerebbero più veloci perché ciascuno scoprirebbe che la strada verso la verità piena è lunga per tutti e nessuno la possiede pienamente. L’ecumenismo della carità è una realtà che sempre più ci unisce a partire dai poveri. I poveri ci evangelizzano perché in qualche modo ci costringono a gesti di unità non a partire dalla nostra bontà, né dalla nostra verità o dalla nostra diversa teologia ma a partire dal loro bisogno. Il povero impedisce di chiudersi nel proprio confine geografico e religioso. Ancora non siamo pienamente uniti, ma abbiamo allestito una tavola di fratellanza. Insieme possiamo testimoniare al mondo che la tavola della fratellanza può ospitare tutti. Questo convegno – ha concluso monsignor Spreafico – appare come un ulteriore passo comune che ci chiama a continuare”.