OMELIA Festa beato Carlo Acutis
12 ottobre 2023
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. La festa del beato Carlo ritorna con il segno eucaristico che lo contraddistinse. Il discorso di Gesù nel Vangelo appena proclamato fu la grande luce che lo illuminò e che egli riversò nella sua mostra dei miracoli eucaristici, ma prima ancora nella sua vita. L’eucaristia fu il suo amore. E per questo la santa messa fu il suo appuntamento quotidiano con Gesù.
Vorrei tentare di approfondire questo tratto della sua vita, mettendolo in relazione con il mistero della “spogliazione”, evocato in questo Santuario che accoglie il suo corpo mortale.
Questo luogo, antica cattedrale di Assisi dedicato alla Vergine Santa – Santa Maria Maggiore – non ha finito di portare il suo titolo mariano, ma si è arricchito con la memoria del gesto profetico con cui otto secoli fa il giovane Francesco si spogliò dei suoi vestiti, ma prima ancora si spogliò di se stesso, per essere il più possibile simile a Gesù. La prima spogliazione, che questo Santuario annuncia, è infatti la spogliazione di Gesù. Nella lettera di Paolo ai Filippesi si dice che Gesù si “svuotò”, si “spogliò” della sua gloria, per prendere la nostra figura mortale. L’Eucaristia sta all’interno di questo mistero, lo incarna, lo esprime. Le parole possono essere diverse: spogliarsi, svuotarsi, morire, farsi pane spezzato, ma tutte dicono la stessa cosa. Nell’ eucaristia Gesù ci chiede di fare il vuoto in noi stessi, perché egli lo possa riempire. Uno scambio di vite. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”.
Lo aveva ben capito il giovane Carlo, mettendosi anche in questo sulle orme di Francesco. Francesco spogliò se stesso. Anche Carlo lo fece.
Certo lo fece in modo diverso. Anche nella santità, Dio ci vuole “originali, non fotocopie”. Ogni santo accentua un aspetto della santità di Dio.
Carlo non visse la spogliazione della totale rinuncia ai beni terreni. Lo status economico della sua famiglia, ma anche i suoi talenti, il suo temperamento, lo resero capace di valorizzare le cose della terra sentendole un dono di Dio. È anche questo che lo rende così attrattivo per i giovani. E se Francesco diceva questo con il suo Cantico di frate sole, sora luna, sora acqua, frate vento, frate focu, sora nostra Madre terra, Carlo avrebbe potuto continuare con frate sport, sora musica, frate computer e sora Rete. Tutto è dono di Dio. La spogliazione non implica il rigetto delle cose belle che sono dono di Dio, ma il loro uso secondo il cuore di Dio. Significa portare tutte le cose all’offerta eucaristica: il pane e il vino che portiamo all’altare e diventano corpo e sangue del Signore rappresentano, in qualche modo, tutto il nostro mondo, anche quello materiale. Diventano l’Amen di Gesù nel quale si raccoglie tutto il nostro Amen. Carlo, con la sua semplicità di vita, con il suo modo di usare le cose, è un cantore di bellezza. Il suo Cantico fu la sua stessa vita. Cantò la bontà di Dio nella bellezza del mondo. E in questo modo si spogliò di quella tendenza che tutti abbiamo, la tendenza a mettere il nostro io come misura di tutte le cose e al centro di tutte le cose, dimenticando che esse sono un dono, da accogliere con gratitudine e condividere con amore. Questa spogliazione radicale fu da lui espressa in un modo semplice ed efficace. Quello che Francesco disse in questo luogo ottocento anni fa: “non più padre Pietro di Bernardone ma Padre nostro che sei nei cieli” trovò la sua sintesi in Carlo con un brevità da tweet: “non io ma Dio”.
Ma non fu la sola spogliazione. Carlo sentiva, come tutti noi, la fatica della tentazione e il peso delle sue fragilità. Soprattutto di queste dobbiamo spogliarci col pentimento e il sacramento della riconciliazione. Ed eccolo, Carlo, con la sua fervida fantasia a parlarcene come della mongolfiera, che sale nella misura in cui il peso si alleggerisce e la fiamma riscalda l’aria. E che dire per il suo amore per il Santo Rosario? Non so se avesse meditato quanto, nel 2002, Giovanni Paolo II scrisse di questa preghiera. Ma certo sentiva il Rosario come scala che ci innalza verso l’alto, perché, Ave Maria dopo Ave Maria, gradino per gradino, ci fa incontrare, contemplare e assimilare Gesù nel cuore della Madre.
Ed eccoci alla spogliazione eucaristica, la sua “autostrada verso il cielo, il suo fissare il pane di vita, con l’occhio dell’innamorato che lo vuole non soltanto ricevere, ma contemplare, comunicare a tutti. Nel ricevere il più frequentemente Gesù, egli imparò ogni giorno a svuotarsi di sé. Il suo Paradiso cominciò su questa terra.
Un Paradiso che egli volle condividere, facendosi carico, discretamente, come poteva alla sua età, della condizione dei più poveri, consapevole che Eucaristia e poveri non sono due mondi lontani: al contrario, si intrecciano in un unico amore, e non si può venire all’altare del Signore se la nostra vita non si è piegata al servizio e all’amore di coloro che soffrono e nei quali Gesù abita a titolo speciale.
Arriviamo così, nella vita di Carlo, all’ultima spogliazione, quella a cui tutti siamo irrimediabilmente destinati, ma che si può vivere in tanti modi diversi: la spogliazione che ebbe luogo quando, nel fiore dell’età, della vita, dei sogni, Gesù gli chiese di rinunciare a vivere su questa terra. Normalmente la morte precoce è ritenuta una disgrazia. Ma Carlo la visse come un dono. La malattia fu per lui la “sveglia” di Gesù, e l’accettazione della morte fu accoglienza del progetto di Dio, perché la sua vita, pur troncata su questa terra, continuasse a fiorire nei prati del cielo. La offrì per la Chiesa, per il Papa, e per andare subito in Paradiso. Vorrei sottolineare quest’ultima intenzione. Andare subito in Paradiso esprimeva il suo ardente desiderio di abbracciare Gesù e ricevere il suo abbraccio. Aveva capito che solo Gesù deve essere il nostro amore, e proprio amando Gesù al di sopra di ogni cosa, la vita riceve la sua massima realizzazione, diventa una vita per gli altri e una vita di gioia.
Osservando quanto sta avvenendo qui, alla sua tomba, ma anche quanto sta avvenendo, nel suo nome e con le sue reliquie in tutto il mondo, mi viene da chiedermi, e tanti mi chiedono: ma come si spiega che, in così poco tempo, Carlo stia attraendo tante persone? La risposta non può che essere questa: Carlo, come Francesco, seppur in modo differente, si è spogliato di sé e si è riempito di Gesù. Francesco e Carlo insieme stanno facendo un grande lavoro, sono una squadra davvero eccezionale, per riportare tanti, specialmente i giovani, a Gesù. Lodiamo il Signore per quanto ha fatto in lui, e con la nostra preghiera otteniamo che, con la canonizzazione, possa essere presto portato sugli altari di tutto il mondo, perché il suo sorriso possa continuare a consolare ed evangelizzare.