La Chiesa prima e dopo il Concilio, da Assisi nuovo sprint

ASSISI – Dai riti liturgici alla partecipazione attiva, dalle rubriche al sacerdozio universale. Sono questi alcuni dei temi affrontati domenica 9 febbraio alla Cittadella Christiana in occasione dell’iniziativa organizzata dall’ufficio liturgico diocesano diretto da don Antonio Borgo in occasione del 50esimo anniversario dalla Sacrosanctum concilium, la costituzione consiliare che ha cambiato il volto liturgico della Chiesa. L’evento ha visto la presenza, oltre che del vescovo monsignor Domenico Sorrentino, di un relatore d’eccezione come monsignor Piero Marini, già cerimoniere di Papa Giovanni Paolo II. Di fronte a una platea composta principalmente dai ministri straordinari della Comunione, che alla fine degli interventi hanno rinnovato il loro mandato, don Borgo ha aperto la riflessione offrendo alcuni spunti di approfondimento a monsignor Marini. L’alto prelato ha ripercorso le tappe che hanno portato al Concilio Vaticano II e i cambiamenti che questo ha comportato proprio sul fronte della liturgia che è “stato l’argomento più studiato”. Ed ha portato a quella partecipazione attiva che vede come primo servitore il vescovo insieme però a tutta l’assemblea. “La comunità – ha spiegato Marini – ha bisogno di esprimersi ed ognuno deve fare la sua parte”. Ma la comunità è inclusiva e nella sua esplicitazione della liturgia deve sapersi adattare a persone e situazioni. Interessante la testimonianza di alcune partecipanti alle famiglie del Vangelo, toccante quanto esemplare il racconto di Silvia Illicini e padre Alfredo che hanno avviato un progetto liturgico all’istituto Serafico e, spiegando praticamente cosa si fa, hanno puntato l’accento sul ruolo da protagonisti che gli ospiti pluriminorati della struttura possano avere nella vita liturgica diocesana. E’ stato poi il vescovo Sorrentino a rimarcare ancor più il concetto della “liturgia come azione di Gesù Cristo. E’ lui che fa da ponte, che prega e ci coinvolge nella sua preghiera. Ecco perché la liturgia è fonte e culmine, è la convergenza tra prassi e principi. Guai a noi però – ha concluso il vescovo – a partecipare senza aver condiviso la vita di Cristo, le sue piaghe”, come quelle che rivivono al Serafico”.