PARROCCHIA, E’ TEMPO DELLA FASE B

 ASSISI – Il percorso continua. Niente di nuovo nel cammino della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino che si mette alle spalle la celebrazione del Sinodo e il recepimento dei decreti del vescovo espressi nel libro “Tu sei la mia gioia” e apre un nuovo triennio dedicato alla liturgia, nella consapevolezza che il cammino iniziato sette anni fa con la visita pastorale di monsignor Domenico Sorrentino sta proseguendo sullo stesso tracciato. Lo ha ribadito a chiare lettere il vescovo in apertura dell’assemblea diocesana venerdì 23 giugno a Santa Tecla di fronte ai delegati che hanno preso parte all’assise ristretta di due giorni. E se la strutturazione del triennio è stata imbastita dopo il confronto nel consiglio episcopale, in quello diocesano e presbiterale oltre che in altre situazioni di aggregazione l’ultima parola l’ha detta il vescovo in chiusura della due giorni riproponendo il nuovo modello delle piccole comunità parrocchiali. Innanzi tutto, per monsignor Sorrentino, bisogna “rimettere a fuoco il progetto sinodale che può portare grandi frutti. Rimettiamo con franchezza e con fiducia a quello che il Signore ci chiede, ognuno nel suo, ognuno con la sua responsabilità. Per capire dove siamo e dove stiamo andando, dobbiamo superare un modello che non regge più e cioè la parrocchia pre-conciliare: una parrocchia – ha spiegato monsignor Sorrentino – che era una comunità sociale che coincideva con il territorio di residenza, nell’intreccio delle famiglie naturali e sacramentali che erano grandi famiglie, con il parroco che era il personaggio principale. Questo schema è passato, lasciamo agli storici, perché non ha più senso, prima di tutto perché c’è stato il Concilio ma soprattutto perché siamo di fronte a quel famoso triangolo della crisi di cui vi ho già parlato: crisi valoriale, crisi delle relazioni e crisi della solidarietà”. Nella società liquida e globalizzata anche Gesù è uno che, nelle migliori delle ipotesi, sta tra i grandi uomini della storia. “Tanti giovani – ha sottolineato ancora monsignor Sorrentino – non ricevono nessuna indicazione di chi sia Gesù. Questa crisi valoriale poi fa corpo con quella delle relazioni e i nostri ragazzi sono sempre più soli, al massimo si ritrovano su Facebook o Whathapp. E allora a chi li andiamo a spiegare i segni della liturgia se la domenica c’è chi va a fare la spesa, sport e comunque non viene più in chiesa!? Però non dobbiamo rattristarci – ha tenuto a evidenziare il vescovo – perché a nostro vantaggio abbiamo la grazia e la forza del Vangelo. Ed anche se nel 2030 i matrimoni religiosi finiranno e anche i preti nella nostra diocesi saranno ridotti all’osso questo non deve rattristarci ma è un grande slancio di cui Dio ci rende protagonisti”. Il vescovo ha infatti spiegato come dal modello della parrocchia fase A, quella basata sul modello clericale si sia passati al modello ministeriale-comunitario che vedeva il prete, non più solo, ma è coadiuvato dai laici. “E’ ormai tempo in cui ogni battezzato si assuma una sua responsabilità, il parroco non è più solo, i consigli funzionano, ci sono i movimenti e le aggregazioni. Questo tempo della fase A, è stato un tempo valido e di grazia che si è sviluppato negli anni ’70 e negli anni ’80 quando la comunità teneva e c’era coesione sociale. In chiesa mi ritrovavo i bambini, con i genitori, i nonni, gli zii. Ma da 25-30 anni è iniziata la fase B quella della crisi di valori e delle relazioni che coincide con la società mediatica che, però se porta segnali di negatività, grazie a Dio può portare anche tanto bene. Ci dobbiamo fare furbi, quante cose possono essere moltiplicate grazie a internet. In questo contesto siamo come dei naufraghi che non sanno nuotare e allora cosa possiamo fare? Lanciare una corda e una scialuppa per salvarci. La nostra proposta della rete di famiglie di famiglie, è una scialuppa, che ci mette insieme seguendo un percorso continuo. Quel triangolo della liturgia catechesi, carità, lo dobbiamo trasformare in un quadrilatero in cui riportiamo la catechesi alla parola, la liturgia alla preghiera, l’angolo della comunità familiare e la carità alla testimonianza e missione”. E’ dunque una proposta confortata da dati e reali preoccupazioni quello illustrata da monsignor Sorrentino che ha raccolto gli spunti dei vari gruppi di lavoro che tra venerdì e sabato avevano lavorato sulla base di una bozza di domande, predisposte e illustrate dal responsabile dell’ufficio liturgico don Antonio Borgo che, in premessa, ha sottolineato la possibilità di “distruggere quanto avanzato in cambio di altrettante proposte”. Nel suo intervento lo stesso Borgo ha messo in evidenza la necessità di “recuperare un metodo di Chiesa da recuperare. La liturgia è la sfida della fede di oggi; se qualcuno ancora pensa che liturgia è norma, regola, paramenti e comportamenti, non ha capito nulla; la liturgia – ha detto ancora – è Cristo con la sua potenza trasformatrice che prevede formazione ma parallelamente azione. E’ – ha concluso –il tempo incantato – che siamo chiamati a vivere”. Davvero appassionato l’intervento del vicario della pastorale don Jean Claude Azoumé che, citando diverse parti, del libro del Sinodo, ha invitato i delegati diocesani a vivere con intensità quanto decretato dal Sinodo, facendo quel salto di qualità che ormai oggi la società impone anche alla Chiesa e ai sacerdoti. Un appello proprio ai fratelli presbiteri perché recepiscano e sappiano traghettare i fedeli verso questo rinnovato modo di essere comunità basata essenzialmente sulle piccole comunità.
 
 
LAICI IN CAMPO
 
Dieci gruppi di lavoro per produrre proposte e relazioni da sottoporre al vescovo affinché il triennio della liturgia sia partecipato, condiviso e coinvolgente. La prima questione sottoposta ai delegati della pre-assemblea diocesana che il vescovo ha rinominato “assemblea operativa” recita così:
1) “Si avverte la necessità di una formazione liturgica?” Ovvero “è necessario un equilibrio tra approccio intellettivo e approccio emotivo alla liturgia. Il nostro celebrare oggi si colloca tra la solidità dei simboli liturgici e la liquidità della società odierna”. La seconda domanda chiedeva:
2) “Quale contributo può offrire alla celebrazione domenicale il progetto del rinnovamento pastorale delle parrocchie delle Comunità Maria Famiglie del Vangelo? Come incentivare l’impegno per la parrocchia dei movimenti e delle associazioni?”.
3) “Come riscoprire e proporre alcune delle sottoindicate dimensioni dell’Eucarestia domenicale?” Nello specifico: l’accoglienza dei fedeli alla porta della chiesa, il favorire un clima gioioso, caldo e familiare in seno all’assemblea, riscoprire la dimensione della lode e del ringraziamento, dare allo spazio liturgico e al tempo celebrativo un valore domestico, equilibrare armonicamente l’ascoltare (la parola di Dio) e il vedere (i segni), promuovere la partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia non come attivismo ma come espressione della dimensione spirituale e ministeriale. E infine:
5) Come entrare in dialogo con i diversi enti sociali (società sportive, associazioni, mondo del lavoro ecc.) affinché la domenica venga vissuta in tutte le sue dimensioni senza escludere la partecipazione alla celebrazione eucaristica?