Omelia del Vescovo Sorrentino per la Santa Messa Crismale nella Cattedrale di San Rufino

27-03-2024

Omelia Santa Messa Crismale

Festa degli oli. Festa dello Spirito che, nei sacramenti, penetra la nostra carne e dà splendore alla nostra pelle. Festa della gioia: l’olio che benediciamo è “olio di letizia”.

Festa che sta alla porta del triduo pasquale, e getta la sua arcata fino alla Pentecoste. I due volti dello Spirito.

Oggi lo Spirito nella sua azione dolce e vivificante.

A Pentecoste lo Spirito come vento e fuoco.

Abbiamo bisogno dell’uno e dell’altro.

Dello Spirito che lenisce le nostre ferite, silenziosa ma vera medicina dell’anima.

Dello Spirito che ci incalza e ci smuove dalle nostre pigrizie aprendoci nuovi orizzonti.

E di nuovi orizzonti abbiamo davvero bisogno. Non è facile il tempo che stiamo vivendo. Per nessuno. Le cronache abbondano di scenari da orrore, soprattutto in tema di pace. Ma la pace è messa a rischio anche nel piccolo delle nostre famiglie. Le case sono piene di sofferenza.

Vi ringrazio, cari sacerdoti, per aver portato in tutte le case, con la benedizione pasquale, il progetto “casa felice”, lasciando così una parola di speranza.

Oggi la liturgia ci fa vivere il nostro “anniversario” di ordinazione. La mente va a quel momento in cui sui nostri corpi abbracciati alla terra fu invocata l’intercessione dei Santi, perché la nostra vita, nonostante le sue fatiche, fosse una vita felice e capace di donare felicità. Il Paradiso si curvò su di noi. Tanti nomi di Santi furono evocati perché non soltanto la loro preghiera, ma anche la loro testimonianza ci dicesse che essere sacerdoti significa innanzitutto essere santi.

In quel contesto di Paradiso, le mani del Vescovo, e poi quelle degli altri sacerdoti presenti, furono poggiate sul nostro capo. Quante mani, ridondanti di amicizia e fraternità, si avvicendarono quasi a plasmarci, come le mani stesse di Cristo.

E nel cuore della preghiera consacratoria il Vescovo implorava per ciascuno di noi: “Rinnova in lui l’effusione del tuo Spirito di santità; … con il suo esempio guidi tutti a un’integra condotta di vita”.

Non finiremo mai di ringraziare il Signore, cari confratelli, per questo dono.

Oggi è giorno di gioia.

Il progetto che vi ho recentemente consegnato, con un titolo alla portata di tutti, non è una trovata propagandistica.  La “casa felice” che proponiamo non è che la traduzione di ciò il brano appena proclamato ci ricorda: profezia antica, promessa che governa tutta l’attesa d’Israele, anzi, il cuore di ogni uomo: “Lo Spirito del Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”. Lieto annuncio in greco è esattamente euangelion, Vangelo.

Noi siamo gli uomini del lieto annuncio.

Quello che ci è stato consegnato e che dobbiamo irradiare è un messaggio di felicità, quella vera, quella profonda, quella che si radica nell’eterno e si diffonde nel tempo.  Non una gioia piccola, ma una gioia piena, come la chiama Gesù. “Vi ho detto queste cose, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.

Dobbiamo chiederci con sincerità, cari confratelli, se siamo gioiosi e portatori di gioia.

Non credo di dover spiegare a voi, che questa felicità promessa da Gesù non è banale, non consiste nella mancanza di problemi o nella loro magica soluzione. È una gioia che prevede persino la croce, quale percorso di amore, sulle orme di Cristo. “Se uno mi vuol seguire, prenda la sua croce….”.

La parola della gioia e quella della croce non stanno in contraddizione: Sono due facce dell’amore.

Interrogarci sulla gioia è interrogarci sull’amore. Quanto Gesù è veramente il nostro amore e il nostro tutto, come diciamo nella nostra preghiera?

Oggi il popolo di Dio si stringe intorno a noi, cari presbiteri. Si stringono a noi i diaconi, che condividono un’altra dimensione di servizio al popolo di Dio, tutti gli altri ministri, fino a ciascun battezzato. Il popolo di Dio implora sacerdoti generosi e santi. Quante volte, di fronte alle difficoltà di realizzazione del nostro piano pastorale, mi sento dire: dipende dal prete. Con fatica cerco di dire ai laici: dipende anche da voi. È vero però che c’è   una responsabilità specifica che è tutta nostra, della quale dovremo rispondere al Buon Pastore che ci ha scelti senza alcun nostro merito.

La causa di una cristianità in declino, che esige una ri-evangelizzazione ormai a tappeto, ha bisogno di preti “preti”. È tempo di fedeltà e di santità, non tempo di vivacchiare. Le statistiche che la settimana scorsa, con gli altri vescovi umbri, ho portato al Santo Padre e ai suoi collaboratori in occasione della visita ad limina danno da pensare. Ho dovuto dire, ad esempio, che tanti sono i funerali cristiani, ma davvero pochi sono i battesimi, ed è un dato in questa nostra diocesi spicca anche al confronto con la diocesi sorella di Foligno. Ho dovuto dire che da diversi anni non ci sono vocazioni assisane nel nostro Seminario. Sono soltanto alcuni indici di una crisi ben più vasta, a stento occultata nella nostra Città di San Francesco dalle folle dei pellegrini. Una crisi che fa corpo soprattutto con la crisi della famiglia. Certo, è in rapporto con la crisi demografica e morale della società civile. Ma non possiamo scaricare le responsabilità. Dobbiamo interrogarci. Urge un rinnovamento di metodi pastorali. È tempo di un nuovo slancio. Io mi auguro di poterne gioire insieme con voi, e, se non di vederne i frutti, almeno di vederne i semi. “Casa felice” e “famiglie del Vangelo”, due facce della stessa medaglia, non sono due “pallini” del vescovo, ma due modi di sintetizzare e proporre quello che abbiamo ascoltato: “Lo Spirito del Signore… mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimetter in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. Il Signore ci faccia finalmente grazia di poter dire, per questa nostra Chiesa benedetta: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”.