Omelia di mons. Sorrentino Movimento Apostolico Ciechi 26.03.2017

26-03-2017

OMELIA MOVIMENTO APOSTOLICO CIECHI

Assisi – 26 marzo 2017

Carissimi fratelli e sorelle!

C’è una luce degli occhi; c’è una luce del cuore. Entrambe belle e importanti. Ma la luce del cuore è decisiva.

Nel vangelo è delineato il cammino di un cieco nato, che Gesù guarisce insieme dalla cecità fisica e da quella spirituale. L’evangelista Giovanni fa di questo miracolo un grande annuncio, che la liturgia della Chiesa riecheggerà soprattutto a Pasqua, nella grande veglia in cui si accende il fuoco nuovo: Gesù è la luce del mondo.

Viviamo in una società che ha fatto luce su tante cose. La conoscenza ha raggiuto punte avanzatissime. In internet possiamo procurarci una miriade di informazioni.

È luce? Certo. La conoscenza è sempre illuminante.

E tuttavia non sempre ci rende gioiosi. Non sempre ci rende più buoni. Si coniuga spesso a tante contraddizioni morali.  Alla luce culturale, tecnologica, sociale, non sempre corrisponde la luce nel cuore.

Questo brano di vangelo ci aiuta a fare chiarezza su questo paradosso.

Una prima scena: un cieco dalla nascita, sul quale Gesù compie una singolare azione curativa. Fa con la saliva del fango, glielo spalma sugli occhi, lo invia alla piscina di Sìloe, che significa inviato.

Alla fine del racconto, si capirà che l’inviato è Lui, Gesù. La piscina semplicemente lo evoca. Egli è l’inviato di Dio quale Figlio eterno fatto carne. È Lui che, con il Padre e lo Spirito Santo, ha creato la terra e ha plasmato l’essere umano. Con i gesti sorprendenti di questo miracolo egli ripone mano alla creazione.  La terra inumidita dalla sua saliva e l’acqua della piscina annunciano la forza dei sacramenti, il senso del battesimo. Il miracolo fisico diventa segno del miracolo spirituale.

Ed è appunto il miracolo spirituale il vertice del racconto. Siamo all’ultima scena, quando il cieco, ormai vedente, incontra Gesù, venendo invitato a credere in Lui come Figlio dell’uomo. Espressione, quest’ultima, che allude al suo mistero di Dio fatto uomo. La risposta è pronta: “Credo, Signore”. Il miracolo può dirsi completo: dalla vista degli occhi alla vista del cuore! L’ex cieco è ormai perfettamente guarito: percepisce i colori e le forme del mondo, ma soprattutto può cogliere il loro significato ultimo, può comprendere il senso della vita e sentirsi salvato per sempre. Gesù è il salvatore!

Tra la prima e l’ultima scena rimbalzano tante voci. Una scena convulsa e triste. Voci che interrogano.   Dicerie superficiali. Spuntano anche – paradossalmente tra le categorie religiosamente più qualificate – voci malevole e cuori sbarrati, che non si arrendono nemmeno all’evidenza. Si chiudono a Cristo in nome di una razionalità pretenziosa, che presume persino di essere devota, rimproverando a Gesù di aver operato la guarigione violando il riposo sabbatico prescritto dalla legge.

Sono voci di persone dalla vista corta, che non vedono in profondità, anzi, che vedono male. Hanno la luce degli occhi, non hanno la luce del cuore. Al loro confronto, l’unico che vede bene, è colui che tutti avevano conosciuto come cieco. È lui che fa bella figura, anche se gli è inflitto il martirio dell’incomprensione e persino dell’insulto.  Ma ormai gli è data una forza nuova, una vista nuova e soprattutto una vita nuova.

Questo cammino dal buio alla luce, cari fratelli e sorelle, è proposto a tutti noi. Qui ad Assisi abbiamo per questo un testimone e un maestro: Francesco, che questa luce del cuore sperimentò quando giunse a spogliarsi di tutto per rivestirsi di Cristo. È quello che stiamo sottolineando in questi mesi, con l’istituzione di un nuovo Santuario, il Santuario della Spogliazione.

Ma testimoni di questo cammino, in certo modo, possono essere anche i fratelli e sorelle del Movimento Apostolico Ciechi che oggi sono con noi. Essi sanno spiegarci, con l’eloquenza del loro vissuto, come la luce del cuore sia importante almeno quanto la luce degli occhi.  Li ringraziamo, affidando al Signore il loro cammino personale e associativo. Dio li benedica. E benedica tutti noi e quanti, attraverso la televisione, sono uniti con noi.