Omelia di mons. Sorrentino Festa di San Rufino 12.08.2017

12-08-2017

OMELIA NELLA FESTA DI SAN RUFINO 12 agosto 2017

La nostra Città è ricca di santi. Mi viene di paragonarla a un albero dalla chioma frondosa e piena di frutti. Quando dalla celebrazione della santità più nota ed universale, quella di Francesco e Chiara, che attira qui tanti pellegrini, si arriva alla festa del nostro patrono san Rufino, sembra quasi di scendere di tono. Non è così. Si scende solo dalla chioma, attraverso il tronco, alle radici dell’albero. Rufino è la radice! Quando, otto secoli fa, non c’erano ancora ad Assisi le grandi Basiliche, e due giovani esistenze, quelle del figlio di Pietro di Bernardone e di Chiara, cercavano il senso della loro vita, il nostro Patrono già vigilava sul loro cammino. La loro santità trasse linfa vitale dal sangue del vescovo martire.

  La figura di san Rufino non impallidisce alla luce dei santi più noti. E si presenta più attuale che mai. Proviamo ad avvicinarla col filtro di tre parole: evangelizzatore, martire, pastore.

Evangelizzatore.

L’Assisi dei tempi di Rufino era ancora alla ricerca della sua identità. La nuova fede in Gesù si contendeva il campo con l’antica religione precristiana. Stando ai pochi cenni biografici tra storia e leggenda, questa figura di evangelizzatore, padre della nostra fede, veniva dall’attuale Turchia, spinto in Italia dall’urto della persecuzione. In qualche modo era anche lui un “rifugiato”, per usare un concetto dei nostri tempi. Ad Assisi portò la parola di Cristo. Ad Assisi diede la vita per Cristo.

Tempi lontani, certo. Siamo nel III secolo dell’era cristiana. Ma la storia conosce corsi e ricorsi. E chi non vede che i tempi di Rufino stanno, in qualche modo, tornando?

Dentro un mondo insanguinato, in tante “regioni” e per tante “ragioni” – e, si badi bene, nessuna guerra, nessuna violenza ci lascia indifferenti! – c’è anche una vistosa componente persecutoria nei confronti dei discepoli di Cristo. Diversi paesi del mondo, specie in Medio Oriente, ne conoscono il dramma. Poche le voci che si levano alte, forti e perseveranti nel denunciarlo.

Nella nostra Europa, dal crollo dei regimi comunisti in poi, non c’è sentore di violenza fisica contro i cristiani. C’è tuttavia un allontanamento sempre più evidente dalle radici cristiane, che talvolta assume anche i tratti di un laicismo intollerante, dentro un cambiamento epocale di valori, di pensieri e di costumi, in cui rimane ben poco del vangelo di Cristo.

Rufino dice l’attualità della prima evangelizzazione. Non bastano più le belle e dorate celebrazioni di un cristianesimo poco più che folkloristico.  Occorre riportare il vangelo nelle case e nei cuori. Occorre annunciarlo con l’ardore dei primi tempi cristiani. Tutto qui il nostro progetto delle “famiglie del vangelo”.  Tutto qui anche il senso del prossimo triennio pastorale dedicato alla   preghiera liturgica. Dopo un Sinodo che ci ha dato una visione di futuro e i lunghi anni di riscoperta della Parola di Dio – impegno che deve rimanere fondamentale – vogliamo darci un tempo in cui riscoprire come la Parola di Dio si fa preghiera e celebrazione. La preghiera è il respiro dell’anima. La liturgia è la fonte e il culmine di tutta la vita ecclesiale. Ma niente è scontato. Anche gli Apostoli chiesero al Signore: “Insegnaci a pregare”.  Sarà la nostra implorazione dei prossimi anni pastorali.

  • Martire

Ecco un’altra parola da riscoprire. Al di là della sua connotazione più radicale dell’effusione del sangue in nome della fede, c’è da comprenderne il significato etimologico e la connotazione quotidiana. Martire significa testimone. Rufino ci invita a un cristianesimo che non si balocchi di parole, ma metta in gioco delle esistenze. Nella sua visita alla Sala della Spogliazione, quattro anni fa, papa Francesco denunciò un “cristianesimo da pasticceria”, che cioè sforna cristiani belli da vedere nelle rituali celebrazioni, ma che non insaporano il mondo con il loro vissuto evangelico. No, non basta ad Assisi che la testimonianza sia stata data una volta per tutte da Rufino, Francesco e Chiara. Per quanto essi non smettano di parlare, c’è bisogno oggi di mettere in gioco noi stessi, cercando di rinnovare la nostra vita cristiana in tutte le sue espressioni, personali e sociali, trasmettendo alle nuove generazioni il vangelo come avventura entusiasmante, tutta da vivere.

Tornando ancora a quanto papa Francesco ci disse nella menzionata visita del 2013, occorre spogliarci dello spirito del mondo, per rivestirci di Cristo. La “spogliazione” di Francesco non può essere solo raccontata come una bella fiaba. È gesto profetico, è messaggio da vivere.   Il Santuario della Spogliazione è nato per questo: come “pugno nello stomaco” delle nostre mediocrità, del nostro cristianesimo di routine, delle nostre tradizioni imbellettate, mentre la nostra vita resta abbarbicata alla logica mondana. Forse le critiche che ci vengono, come Chiesa, da tante lingue malevole spesso sono infondate e ingenerose. In ogni caso dobbiamo ringraziare, se ci spingono a un esame di coscienza. È tempo di una Chiesa “martire”, che dia testimonianza del vangelo a tutto tondo.

  • Pastore. 

Ecco la terza parola chiave per rileggere san Rufino. È il concetto biblico che abbiamo sentito rimbalzare nelle tre letture proclamate.  Dio stesso si è fatto pastore del suo popolo, e lo mostra pienamente in Gesù, il buon pastore che conosce le sue pecorelle e non esita a dare se stesso per loro. Anche Paolo – lo abbiamo ascoltato – scrivendo ai cristiani di Tessalonica, esprime il desiderio di dare ad essi, insieme col vangelo, la sua stessa vita.

È tempo di una Chiesa che, a partire da noi vescovi, sacerdoti e diaconi, ma anche dalle persone di vita consacrata, dai genitori cristiani, da ogni battezzato, ricomprenda la sua vocazione pastorale, facendosi vicina alle persone, andando a cercarle lì dove esse vivono, dando la mano alle più abbandonate e ferite. L’anno venturo, a Dio piacendo, proprio nella solennità di san Rufino, indirò la seconda Visita Pastorale.  Ma fin d’ora desidero che ci impegniamo tutti a questo lavoro di presenza, di cura, di accompagnamento. Comincerò io stesso nella nostra Città, visitando personalmente, per un saluto fraterno e una benedizione – che spero vogliano essere a tutti graditi – quei luoghi in cui una Città turistica come la nostra, anche al di là dei centri espressamente religiosi come i Santuari, si fa incontro, accoglienza, servizio. Mi riferisco agli esercizi pubblici, commerciali e alberghieri. Vorrei poter dire a quanti sono impegnati in questo settore, che oggi, per ragioni contingenti, sta forse un po’soffrendo: impegniamoci ad essere una città accogliente, amabile, attraente, capace di esprimere valori in piena sintonia con quelli insegnati da Rufino e vissuti da Francesco e Chiara. Una Città dove sia bello incontrarsi. Una Città dove, dagli amministratori a ciascun cittadino, operiamo tutti per il bene comune. Una Città che non si abbandoni al chiacchiericcio sterile per essere una Città delle grandi parole e dei grandi pensieri, in cui anche le differenze vengono espresse con il garbo dei modi e il coraggio di guardarsi negli occhi.

Desidero dare il buon esempio, ma certo non da solo. Mi preme coinvolgere tutta la nostra Chiesa, le nostre parrocchie, le nostre comunità religiose. Solo una Chiesa con questo volto fraterno, familiare e solidale può essere capace di dire una parola credibile che vada anche oltre se stessa. Una parola di pace! Parola, quest’ultima, che evogliamo comunque gridare, andando ben oltre le nostre mura cittadine, mentre guardiamo attoniti ad un mondo che, come non bastassero i tanti conflitti regionali in atto, sta vivendo proprio in questi giorni l’esperienza incredibile di minacciosi dialoghi a distanza che potrebbero preludere ad avventurismi bellici addirittura nucleari, che speravamo ormai cancellati dal vocabolario mondiale.   Da questa Città in cui tutto parla di pace, nella festa di san Rufino, giunga un’implorazione di saggezza anche ai grandi e potenti del mondo. Il Rosario che reciterò il 15 di agosto, solennità dell’Assunzione di Maria, nel Santuario della Spogliazione, avrà questa intenzione speciale. Spero che tanti, anche da casa, si uniscano nella preghiera.

San Rufino ci sproni tutti a un rinnovamento di vita e benedica la nostra comunità diocesana, questa comunità parrocchiale che porta il suo nome, l’intera nostra Città. Amen.