Domenica 2 dicembre alle ore 16,30 convegno a palazzo Bonacquisti, interviene monsignor Giancarlo Vecerrica

LA DIOCESI RICORDA IL VENERABILE DON ANTONIO PENNACCHI

Chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione del “prete dell’Angelus”

ASSISI – A 170 anni dalla morte (9-11-1848) la diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino vuole focalizzare l’attenzione sul venerabile don Antonio Pennacchi, del quale si sta concludendo la fase diocesana del processo di beatificazione. E lo fa con un incontro in programma domenica 2 dicembre alle ore 16,30 a palazzo Bonacquisti (Piazza del Comune) gentilmente messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di risparmio di Perugia. Dopo i saluti del vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino e a quelli del sindaco Stefania Proietti interverrà monsignor Giancarlo Vecerrica, vescovo emerito di Fabriano-Matelica che parlerà della santità in riferimento a don Pennacchi. A conclusione ci sarà l’intermezzo musicale a cura della Commedia Harmonica, diretta dal maestro Umberto Rinaldi. Si tratterà di un momento, importante per ricordare questo sacerdote esemplare, educatore dei giovani, amico dei poveri, uomo mistico e carismatico, definito il “prete dell’Angelus”. Rimane infatti ben viva specie tra i sacerdoti la fama di santità del venerabile servo di Dio, la cui figura suscita ai nostri giorni un rinnovato interesse anche fra i laici. Don Antonio Pennacchi è nato a Bettona nel 1782 e vissuto in Assisi, nella parrocchia di San Pietro dove ora si trova la sua tomba e dove proprio recentemente si è tenuta una messa in occasione dell’anniversario della sua morte. La vita di don Pennacchi è ricca di spunti e di momenti di grande spiritualità. Si sentì chiamato dal Signore alla vocazione sacerdotale e a 18 anni, all’inizio del 1800 si trasferì in Assisi per continuare gli studi filosofici e teologici. Si distinse subito per la sua intelligenza, per il suo impegno e per la pietà. Fu ordinato sacerdote il 22 marzo 1806 dal vescovo Francesco Maria Giampé che, per la sua grande cultura, lo nominò insegnante di grammatica superiore nelle scuole municipali di Assisi e cappellano nella chiesa abbaziale di San Pietro e delle suore clarisse francescane di Sant’Andrea. Il fondamento della sua spiritualità sarà il mistero dell’Annunciazione e dell’Incarnazione del Figlio di Dio e per tutta la sua vita sarà l’apostolo dei nomi di Gesù e Maria. Da qui nascerà il suo amore alla povertà, alla preghiera, all’umiltà e penitenza sull’esempio di San Francesco. Il suo campo di lavoro fu l’assistenza e la formazione dei ragazzi, dei giovani e l’amore, l’aiuto ai poveri, ai malati, con i quali divideva il suo stipendio di insegnante. Come San Filippo si circondò di ragazzi che raccoglieva dalle strade e fu il giullare di Dio. In mezzo al popolo, il prete dell’Angelus Domini, il predicatore del Vangelo, il testimone delle virtù evangeliche. Subì vessazioni dal demonio e secondo le testimonianze di persone meritevoli di fiducia, nel suo ministero operò segni straordinari ed ebbe dono della bilocazione. Povero e umile morì il 9 novembre 1848, considerato dal popolo e dal clero un santo. Numerosi, anche dai paesi vicini, accorsero a venerare la sua salma e ai solenni funerali, celebrati nella chiesa di San Pietro. La causa di beatificazione, aperta nel 1905 dalla Santa Sede, per contingenze storiche e inadempienze diocesane, non ebbe seguito e solo nel giugno del 2016 è stata riavviata con un decreto del vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino che ha nominato monsignor Orlando Gori, postulatore del processo.

In allegato la locandina.