Eccellenza, l’associazione Omphalos ha ottenuto il patrocinio del Comune di Assisi e sarà presente in piazza del Comune il 14 febbraio per sensibilizzare l’opinione pubblica anche nella Città di San Francesco al tema dei diritti delle coppie omosessuali. Che cosa ne pensa?
La decisione dell’Amministrazione di Assisi mi sorprende. Devo capirci di più. Di fronte a decisioni come queste, è importante il discorso pacato, in cui ci si confronta per cercare insieme la verità.
Allora nessuna condanna per gli Amministratori?
Uno dei pilastri della democrazia è la libera espressione delle idee. Che il Comune la tuteli entra nei suoi doveri istituzionali. Ma probabilmente è andato oltre, se ha dato un patrocinio a una causa che è ancora al centro di un vivace dibattito. Quando si tratta di simili scelte, ritengo del tutto “democratico” e conforme al bene comune tener conto della vocazione specifica di questa Città, alla quale arrivano milioni di pellegrini per mettersi sulle orme di san Francesco e santa Chiara.
Ma perché la Chiesa non condivide l’amore omosessuale? Che male fa?
La parola amore, per il cristianesimo, è sacra. Implica aprirsi agli altri, senza alcuna preclusione. Quando però alla parola amore si associa la dimensione sessuale è facile equivocare. La sessualità non si identifica con l’amore, è piuttosto a servizio dell’amore. L’istinto che si esprime nell’attrazione sessuale va governato nel quadro della ragionevole organizzazione della personalità e delle sue relazioni. Se un padre sentisse attrazione sessuale per suo figlio o per sua figlia, non per questo sarebbe legittimato a praticarla. L’attrazione in sé, di qualunque tipo, è un fatto oggettivo. Non rende la persona né buona né cattiva. Per questo anche le persone a tendenza omosessuale restano a pieno titolo nella Chiesa e sono dalla Chiesa rispettate e amate. Ma governare le tendenze sessuali in modo conforme alla legge morale, è doveroso. Aiuta e non pregiudica l’amore. Ciò vale sia per le tendenze omosessuali che per quelle eterosessuali.
E come metterla con l’interrogativo di papa Francesco “chi sono io per giudicare?”
Suppongo che il papa si ispirasse all’evangelica ammonizione “Non giudicate e non sarete giudicati”. Nessuno di noi può entrare nell’intimo delle coscienze altrui. Ma questo non significa sottrarsi alla valutazione morale dei comportamenti oggettivi. Se non fosse così, diventerebbe lecito tutto e il contrario di tutto.
Ma non è discriminazione per una coppia di omosessuali non essere accettati in termini di matrimonio e di famiglia?
Tanti atteggiamenti discriminatori, fino al disprezzo e alla violenza, diffusi nel passato e nel presente, hanno portato gli omosessuali a grandi sofferenze, e oggi li inducono a reagire persino con la richiesta di essere uniti in matrimonio ed essere riconosciuti come famiglia. Ma la famiglia in senso proprio è il patto stabile di un uomo e una donna aperti alla generazione della vita. C’è poi la famiglia in senso spirituale. La Chiesa stessa si percepisce come una grande famiglia, e favorisce le piccole comunità che vivono relazioni di familiarità spirituale. In esse le persone vengono accolte e accompagnate, anche se in situazioni difficili o moralmente discutibili, in vista di un cammino evangelico
Per altri casi di ambito civile, in cui si fanno libere opzioni associative tra persone, a qualunque livello, la società e la politica devono stabilire le condizioni del rispetto dei diritti personali e associativi. Ma perché confonderli con quelli della famiglia vera e propria? Distinguere non è discriminare, ma fare operazione di verità. In un momento in cui la famiglia è tanto in crisi, e se ne vedono le conseguenze preoccupanti sul versante dei figli, del lavoro e della stessa tenuta demografica della società, ritengo si debba puntare ogni interesse alla sua promozione, perseguendo con coraggio il bene comune.
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