MONSIGNOR SORRENTINO: “DOBBIAMO PRENDERE COSCIENZA DELLA FORZA DELLA PASQUA DI PLASMARE LA STORIA DELL’UOMO”

Nella Basilica di Santa Maria degli Angeli il vescovo ha celebrato la messa solenne della domenica di Pasqua

ASSISI – “‘E vide e credette’. Con queste parole siamo alle origini della nostra fede. Dobbiamo vivere l’annuncio pasquale con la sorpresa degli inizi. Forse siamo troppo abituati a viverlo dentro una tradizione storica e culturale che una volta l’anno ci dà qualche sentimento religioso, a volte troppo vago”. Lo ha detto il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, durante la santa messa solenne di Pasqua, celebrata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, a porte chiuse, come disposto dal Governo a seguito della pandemia da coronavirus e trasmessa in diretta Tv.

“Abbiamo perso la vivacità del primo annuncio, quando la morte di Gesù vinta in quella tomba diventò vita nuova – ha aggiunto il vescovo – . I primi discepoli che furono alla tomba e la trovarono vuota, ebbero poi la grande gioia di vedere apparire il Risorto. Gesù è venuto a vincere per noi il peccato e la morte e la sua resurrezione è questo inno di vittoria che la chiesa intona in ogni veglia pasquale e in ogni domenica di Pasqua”. In riferimento alla pandemia che ha colpito il mondo, il vescovo ha affermato che quest’anno l’inno di vittoria sembra stridere con il clima di abbattimento, di preoccupazione, di sofferenza, di lutto, di chiese e di strade vuote. “Davvero stride – ha affermato-, ma forse da questo contrasto attraverso la riflessione in noi prodotta dalla grazia di Dio può venire del bene. Per quanti hanno la grazia della fede, può venire una capacità nuova di prendere coscienza del mistero. A quanti non hanno questa grazia, almeno dobbiamo dare la testimonianza di crederci davvero. E dunque l’interrogativo che ci poniamo in questa giornata è: “Quanto crediamo alla resurrezione di Gesù?”. Se davvero il nostro cuore è pieno di questa verità e di questa certezza allora la vita cambia, come cambiò la vita degli apostoli. Se il cristianesimo torna alle sue origini e riparte da queste origini allora ha vita e futuro”.

Il vescovo si è poi soffermato sulla crisi della fede. “Siamo – ha detto -, almeno nelle nostre nazioni di antica tradizione cristiana, in un tempo di crisi storica, epocale della fede. Oggi abbiamo i banchi vuoti. Forse sono un segno di quello che sta avvenendo perché la verità è proprio questa. È vero che in basiliche come questa, come quelle di Santa Maria Maggiore e di San Francesco in Assisi, si riversano migliaia, milioni di persone ogni anno, ma è anche vero che la pratica cristiana di ogni giorno, quella che tocca le esistenze e le famiglie è una pratica in declino e davvero i banchi delle nostre chiese rischiano di essere vuoti, perché è svuotata la fede delle nostre case, delle nostre famiglie. Forse questa immagine irreale e surreale di chiese vuote con i banchi vuoti ci dice qualcosa di ciò che sta accadendo nella nostra storia. Dobbiamo prendere coscienza della forza della Pasqua di plasmare la storia dell’uomo. Dobbiamo interrogarci sul perché Gesù ha permesso che la sua grande festa dovesse essere celebrata quest’anno, in ragione delle circostanze che tutti conosciamo, in chiese vuote. Forse ha voluto dirci di riempire le case. Perché è lì che purtroppo sta avvenendo la grande frana della nostra fede. Le famiglie sono ormai sempre più una realtà fragile e caduca. Le nostre case diventano sempre più vuote. Se le case diventano vuote, le chiese saranno vuote. Quello che il Signore oggi ci ha fatto sperimentare è un segno di quello che sarà, se non prendiamo con tutto il cuore la nuova energia che ci viene dalla Pasqua e non riplasmiamo la nostra evangelizzazione, la nostra pastorale secondo criteri di risurrezione, se non plasmiamo la nostra vita secondo criteri di novità e di famiglia. Prendiamo spunto da quello che sta accadendo per interrogarci. In questi giorni ci stiamo rallegrando perché nella sofferenza comune stiamo scorgendo tanti semi di luce che stanno emergendo. È così bello vedere quanta solidarietà si sta sprigionando in questi giorni. Tanti medici, infermieri, personale ausiliario si stanno mettendo intorno alle vittime con una generosità davvero commovente. Questo è un germe di resurrezione che in ultima analisi viene da Gesù perché egli opera nei cuori, anche in quelli che non ne sono coscienti e ci mette dentro un bisogno di vita nuova e di nuova fraternità. È bello che mentre stiamo reclusi torniamo a far prova di famiglia, costretti in qualche modo a guardarci in faccia a stare insieme nella gioia quotidiana e semplice della familiarità. Ogni giorno la vita ci strattona e ci separa. Adesso siamo costretti a stare insieme. Proviamo a fare diventare tutto questo una grazia e proviamo a sentire tutto questo come chiesa. Dobbiamo passare dalla chiesa delle chiese alla chiesa delle case perché le chiese tornino ad adempiere la loro funzione di raccolta del popolo di Dio. Il coronavirus è certo un grande male e una grande disgrazia. Siamo qui anche a pregare e supplicare il Signore perché ci consenta di vincere presto questa battaglia. Tuttavia mentre la combattiamo cerchiamo di raccogliere anche il positivo che l’amore di Dio sa immettere anche dentro questa grande prova. Il positivo è tutto in questo cero pasquale, in questa fiamma che si è accesa e che ha illuminato il buio di questa notte e può illuminare il buio dei cuori, dell’umanità e della storia”.